1. Quale è la sua impressione a caldo sul Gesù di Nazaret di Benedetto XVI?
Il libro si fa leggere: ben documentato ma insieme scritto in forma piana e con grande afflato spirituale. Riesce a trasmettere il fascino della figura e del messaggio di Gesù. Ha scritto il più importante giornale tedesco, la Frankfurter Allgemeine: «Il più bel regalo che il papa ha fatto a se stesso e ai suoi lettori in occasione del suo 80° compleanno».
Sorprende che nell’edizione italiana manchi il sottotitolo dell’edizione originale tedesca, e cioé: Dal battesimo nel Giordano alla trasfigurazione. Il libro percorre, pertanto, la prima parte della vita pubblica di Gesù di Nazaret, e attende di essere completato da una seconda parte, che ricostruisca il cammino di Gesù fino all’ultima cena, alla morte e alla risurrezione. Libro che si è fatto attendere, ma insieme, che ci fa attendere. Immagino che i due volumi saranno poi riuniti in un solo volume, che giustifichi il titolo, solenne nella sua semplicità, dell’edizione italiana.
2. Quale potrà essere la reazione del mondo accademico a quest’opera?
Reazioni dal mondo accademico ci saranno. Lo stesso papa si è esposto ad esse, sottolineando le critiche, e non impegnando il magistero della Chiesa. In genere, saranno rispettose, come si addice all’Accademia; ma è prevedibile che saranno differenziate, in quanto in un tema storico e teologico così vasto e così centrale si possono mettere in atto diversi criteri storiografici e diverse metodologie. Ma si riconoscerà che lo studio del papa ha una sua linea storiografica ben definita, sulla base della migliore esegesi cattolica, soprattutto di lingua tedesca. È interessante notare che buona parte delle opere citate, attentamente selezionate, risultano tradotte in lingua italiana dalle Editrici bresciane: Paideia, Queriniana, Morcelliana. Si può anche prevedere che il libro innescherà una ripresa della questione cristologica.
3. Cosa potrà invece provocare nel lettore comune, magari non troppo abituato a temi e riflessioni di questo genere?
Il lettore/lettrice comune ha un bel libro da leggere e molto da imparare; un libro che si può leggere anche andando per argomenti, segnalati dai titoli dei capitoli. Spingerà alla conoscenza della Bibbia e dei Vangeli in particolare. Il libro esige anche una predicazione più biblica, e meno moralistica. È un libro anche edificante, nel senso forte della parola: accompagnerà un cammino di fede.
4. L’opera di Ratzinger potrà costituire una svolta nella lunga indagine condotta sulla figura e la storia di Gesù di Nazaret?
La ricerca sul Gesù storico si divide in tre tappe. Semplificando: nella prima (Bultmann) si opera la separazione tra il Gesù della storia e il Cristo della fede; nella seconda (Käsemann) si ricuce lo strappo, ricuperando la dimensione storica dell’evento cristologico; la terza (Meier) nasce dalla molteplicità delle fonti a disposizione e da nuove metodologie, approdando ad una varietà di risultati. Ratzinger non si inserisce in questa scansione, ma, in collegamento con altri esegeti, cattolici e protestanti (Jeremias, Gnilka, Berger, Söding) valorizza al massimo la testimonianza storica presente nei Vangeli. Il libro andrà a rafforzare questa linea, peraltro ben definita e costante nella teologia moderna e contemporanea.
5. Sugli scaffali delle librerie e dei supermercati la gente troverà nelle prossime settimane un altro libro su Gesù di Nazaret. Perdonando la stravaganza della mia domanda, quale paragone si può fare tra l’opera di Ratzinger e l’Inchiesta di Augias e Pesce?
C’è una enorme differenza tra i due testi: di genere letterario, ma insieme di risultati. Il libro di Ratzinger appartiene al genere esegetico-teologico; il libro di Augias-Pesce appartiene al genere dell’intervista giornalistica, anche se le risposte del biblista Pesce sono filologicamente soppesate. Il problema è questo: quale rapporto esiste tra il Gesù storico, ossia il Gesù della storia, il Gesù autentico, e il Cristo della fede, il Cristo cioè quale viene confessato nella fede? Nel libro di Augias-Pesce riemerge la prima fase del dibattito, anche se con modalità post-moderne, e si opta per la discontinuità. Il libro del papa stringe al massimo, su base documentaria, il Cristo della fede al Gesù della storia. La risposta di Joseph Ratzinger si può rendere così: «Il Cristo della fede è la migliore interpretazione del Gesù della storia». Ed è bene ribadirlo nel tempo della post-modernità, che è il tempo del pluralismo della conversazione umana.
6. Il papa ha lasciato libertà al lettore di contraddirlo. Lei ha qualche rilievo critico da fare al lavoro di Benedetto XVI?
È necessaria più attenta lettura e co-riflessione con altri teologi, anche in campo internazionale ed ecumenico. Mi limito a segnalare il giudizio diffuso sulla teologia di Joseph Ratzinger in campo internazionale. Viene definita come teologia dell’identità, preoccupata di costruire e di difendere l’identità cristiana e cattolica, e meno interessata alla correlazione con le istanze del presente, alla dimensione sociale, al contesto e ai contesti, come invece fanno altri teologi e teologhe. È un modo di far-teologia, quindi, che deve situarsi in un più ampio e legittimo orizzonte di cattolicità e di ecumenicità.
7. Con quest’opera Benedetto XVI continua una prassi pastorale già inaugurata da Giovanni Paolo II, ovvero la pubblicazione di libri che pur non essendo espressione ufficiale del Magistero esprimono comunque il pensiero del Papa. Qual è la sua opinione al riguardo? Non c’è il rischio di confusione? Anche se non si tratta di un pronunciamento ex cathedra il fedele non deve forse avere la certezza di trovare in opere di questo genere la verità di fede?
È un modo nuovo di comunicare nell’era della comunicazione informatica e digitale. Giovanni Paolo II ha pubblicato libri di poesia, letteratura e storia, e qui non ci sono state difficoltà; ma ha pubblicato anche un libro-intervista teologico, che ha suscitato critiche da parte buddhista. Benedetto XVI ha già sperimentato reazioni fortemente negative da parte islamica alla sua lezione accademica di Ratisbona. Sono rischi da correre, ma si intensifica la comunicazione del messaggio.
8. Dove sta il nuovo di questo libro?
La novità sta nella riconferma e nello sviluppo di una metodologia di esegesi e di teologia, che stringe il rapporto del dogma cristologico con la storia, come appare dalla conclusione dell’opera: il dogma di Nicea (325 d. C.), introducendo nel Credo la parola homooúsios (della stessa sostanza) «non ha ellenizzato la fede, non l’ha gravata di una filosofia estranea, bensì ha fissato proprio l’elemento incomparabilmente nuovo e diverso che era apparso nel parlare di Gesù con il Padre».
9. Nelle prime righe del suo libro Benedetto XVI lamenta il fatto di come la ricerca storico-critica abbia alla fine allontanato Gesù dal credente, lasciando l’impressione che del Maestro di Nazaret si possa dire ben poco di certo. Condivide questa analisi?
È un’analisi da condividere, nella sua linea generale. La Premessa al libro è interessante e importante per capire la metodologia seguita dall’Autore. Il metodo storico-critico da solo non basta: esso mostra il formarsi del testo sacro, le sue stratificazioni e le sue redazioni, e cioè studia la dimensione diacronica del testo, ma non riesce a cogliere la cosa di cui parla il testo, che è la realtà di Gesù nella sua dimensione umana e divina. È una istanza da accogliere, per evitare gli scetticismi di una ricerca storica e di una esegesi riduzionista. Il libro, a livello accademico, contribuirà a riproporre il problema di una corretta articolazione tra esegesi e teologia.
10. Come si pone quest’opera nel pontificato di Benedetto XVI? Che cosa l’ha colpito maggiormente di questi primi due anni di ministero petrino? Quali, ancora, gli elementi di discontinuità rispetto a Giovanni Paolo II?
Il pontificato di Benedetto XVI si muove sostanzialmente nella continuità. La differenza sta nel diverso stile pastorale. Giovanni Paolo II si trovava a suo agio nel parlare al mondo, anche ai lontani; Benedetto XVI ama rivolgersi alla comunità cattolica, alla Chiesa, perché sia fermento nella società. Il Vangelo che ama e cita di più è il Vangelo di Giovanni, che è focalizzato sulla comunità. Joseph Ratzinger è un discepolo ideale della “comunità giovannea”.
11. Benedetto XVI nell’introduzione precisa che la sua opera intende essere «il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il \Gesù storico" in senso vero e proprio e che questa prospettiva risulti alla fine più vera e comprensibile rispetto alle ricostruzioni operate negli ultimi decenni». È questo un ritorno al passato o l’inizio di un nuovo cammino di indagine?
Non credo che si possa parlare di ritorno al passato, né di un nuovo inizio. Il teologo Joseph Ratzinger continua a sviluppare la sua linea teologica, anche in modo innovativo, insieme ad altri teologi. È una linea, che utilizza il metodo storico-critico come strumento ausiliario, per passare ad una esegesi canonica, come viene definita, che legge i singoli testi nel quadro della totalità della Bibbia, e quindi che prolunga l’esegesi in teologia, che si fa esegesi teologica, e, a questo punto del percorso, richiede il passo della fede.
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