A pochi giorni dalla scomparsa di p. Gerald O’Collins, proponiamo volentieri – tra i suoi innumerevoli scritti – questa bella intervista rilasciata nel 2015 alla rivista “America” in occasione della pubblicazione della nuova edizione del suo libro forse più noto: Cristologia. Uno studio biblico, teologico e sistematico su Gesù Cristo.
Di cosa tratta la cristologia e cosa è più importante che i cattolici sappiano a riguardo?
In cristologia ci chiediamo: «Chi fu e chi è Gesù?» e «Cosa ha fatto per noi e per il nostro mondo?». Le risposte che diamo plasmano il significato della nostra identità di cristiani e di cattolici. Se non comprendiamo Gesù nel modo giusto, non capiremo la chiesa nel modo giusto.
Nella nuova edizione della sua Cristologia, quali lezioni e insegnamenti trae dai dibattiti più recenti in questo settore?
Me ne lasci citare tre. Primo, Larry Hurtado e altri studiosi hanno stabilito con certezza che, sin dal principio, Gesù è stato riconosciuto e adorato come veramente divino. In secondo luogo, la cristologia di Jon Sobrino e di altri teologi della liberazione ha sottolineato con forza l’importanza del trasformare la società mediante la pratica della giustizia e della pace. Terzo, Hans Urs von Balthasar ha incoraggiato a riconoscere la bellezza di Cristo quale dato centrale.
Lei è un teologo sistematico. Cosa significa e cosa distingue il suo approccio in questo campo?
La teologia sistematica ha come obiettivo quello di chiarire i concetti, di porre domande centrali e di organizzare i dati fondamentali delle fede cristiana in un tutto coerente. Sin dall’inizio della mia carriera, mi sono affidato alle Scritture e alle fonti storiche, avvalendomi dei filosofi più importanti. Inoltre, ho sempre cercato di usare un linguaggio diretto e accessibile nei miei libri e articoli. È un vero peccato che molti teologi continuino a scrivere con un linguaggio involuto che non riesce a comunicare con chiarezza.
Recenti sondaggi dimostrano che i giovani cattolici desiderano un’esperienza di Dio che venga dalla religione e non da una serie di principi. Papa Francesco sembra rafforzare questo atteggiamento, laddove parla della fede in termini di un incontro con Gesù Cristo, che è verità. Data l’enfasi sul primato delle relazioni rispetto ai concetti, come descriverebbe il ruolo della teologia nella Chiesa, oggi?
Tanta teologia si avvantaggia già dell’aiuto che viene dagli studi biblici e dalla ricerca storica, per non dimenticare il contributo delle scienze umane e naturali. Tuttavia, la teologia dovrebbe essere più relazionale, esperienziale e legata alla preghiera. Bisognerebbe seguire i cristiani di rito orientale, lasciando che lo Spirito Santo tiri fuori il meglio dalle nostre esperienze e relazioni, cosicché la teologia possa essere al servizio della religiosità comune e della preghiera personale. La teologia occidentale deve fare maggiore spazio allo “Spirito mediatore”.
Nei suoi cinque decenni di attività teologica, quali sono gli sviluppi più importanti e i cambiamenti che ha potuto osservare in ambito teologico?
La teologia è stata testimone di cambiamenti epocali, poiché è venuto meno l’esclusivo monopolio maschile e clericale. Sostenuta dallo sviluppo degli studi biblici e storici, si è generalmente lasciata alle spalle lo scolasticismo astratto e, con John Henry Newman, è passata a esaminare come l’insegnamento della chiesa si sia evoluto nei secoli.
Secondo lei, di cosa ha più bisogno la teologia oggi?
Assorbiti dalle urgenze pastorali del mondo e della chiesa, troppi teologi sono restii ad apprendere i linguaggi, antichi e moderni, e a svolgere l’attività di ricerca richiesta dalla loro vocazione. Oggi più che mai, la teologia ha bisogno di uomini e di donne pronti a impegnarsi in un duro studio.
Il magistero ricorda spesso ai teologi di proteggere i fedeli dalle teorie che sembrano troppo nuove o non ancora ben comprovate. Quale è l’apporto offerto dal magistero ai teologi?
I vescovi non sono solo alla guida della chiesa, ma rappresentano anche innumerevoli tipologie di fedeli. Sono come una giuria a cui i teologi devono rivolgersi per verificare i risultati dei loro studi e le nuove intuizioni. Il dialogo con i vescovi aiuta a garantire una teologia sana.
Molti teologi gesuiti, specialmente negli anni precedenti al Vaticano II, sono stati ammoniti dal pubblicare e dall’insegnare, per poi venire riabilitati in un momento successivo. Karl Rahner è arrivato ad affermare che i teologi non fanno cose interessanti, se non sono stati oggetto di censura. Quale è l’apporto offerto dai teologi al magistero?
Ben più dei vescovi, i teologi hanno tempo per leggere, riflettere e discutere. Devono offrire ai vescovi i frutti del loro lavoro e, a volte, correggerli in maniera rispettosa.
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Negli ultimi decenni, alcuni teologi hanno ridato voce all’annoso disagio nei confronti della realtà storica e fisica della risurrezione di Cristo, nel tentativo di spiegare l’evento salvifico in termini metaforici o psicologici. Nei suoi lavori sulla risurrezione, lei ha insistito nell’affermare che le Scritture stesse impediscono d’interpretare la risurrezione di Cristo come qualcosa di diverso da un avvenimento occorso a un corpo fisico. In base alle sue ricerche, cosa c’è di sbagliato in queste teologie che cercano di reinterpretare la risurrezione in termini non letterali?
Le teologie che propongono un’interpretazione “iper-spirituale” della risurrezione di Cristo suggeriscono che a sopravvivere sia l’anima o, peggio ancora, che la “risurrezione” non sia altro che un modo per riferirsi al nostro continuare a vivere secondo i Suoi insegnamenti. Queste teologie travisano la chiara proclamazione neotestamentaria, per la quale Gesù è risorto fisicamente dalla tomba a una nuova vita nella gloria. Se non accettiamo il sepolcro vuoto, non crediamo nel Cristo vivente, potenza trasformante per gli esseri umani e il mondo.
Uno dei problemi con la risurrezione, come per molti dei miracoli narrati nelle Scritture, è che non sembriamo in grado di spiegare esattamente come sia avvenuta. Sintetizzando i suoi studi, cosa crede sia realmente accaduto a Gesù nella risurrezione?
Quando Gesù è risorto anima e corpo dai morti, la sua vita storica è risorta con lui. La sua esistenza materiale è stata trasformata e innalzata oltre ogni limite esperibile nella nostra vita terrena. Con la capacità umana di Cristo di mettersi in relazione e di comunicare al suo massimo grado, la risurrezione prefigurava l’azione trasformatrice di Dio che infine cambierà e salverà l’intero creato. Questi sono i punti principali; è difficile entrare più nel dettaglio. Dopotutto, nella risurrezione ci confrontiamo con il glorioso mistero pasquale che va al di là di ogni nostra comprensione.
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Qual è la cosa più importante che ha imparato dalla teologia?
Negli anni, ho appreso la necessità di “stare attento a come parlo” alla presenza di Dio. Come teologi, dobbiamo essere rigorosi con le parole che utilizziamo.
La sua identità e formazione gesuita, come influenzano il modo in cui fa teologia?
Gli esercizi spirituali ignaziani, che caratterizzano la formazione e l’identità dei gesuiti, sono totalmente centrati su Gesù. Questo ha influenzato profondamente la mia teologia; pensi che il nome “Gesù” compare nel titolo di almeno una decina dei miei libri!
Chi è per lei Gesù?
È il compagno costante della mia vita; è Colui su cui voglio incentrare tutto il mio pensiero e il mio amore.
Quando incontrerà Gesù nell’aldilà, cosa si aspetta che accadrà?
Mi aspetto semplicemente di essere rapito dalla straordinaria bellezza di Cristo. Spero e prego che perdoni i miei peccati; forse potrebbe persino ringraziarmi per aver parlato di Lui nella mia attività di docenza e di scrittore.
Chi sono i suoi modelli di fede, vivi o morti?
Ho trovato delle figure esemplari tra gli studenti a cui ho insegnato in Gregoriana che, come per esempio Oscar Romero, hanno subìto il martirio per la loro fede: tra gli altri, p. Patrick Gahizi e sr. Luz Marina Valencia Treviño. Come dei buoni samaritani contemporanei, si sono fatti in quattro per aiutare i bisognosi, pagando con la vita per il loro amore.
Lei come prega?
Trovo il miglior nutrimento per la mia vita di preghiera nei Salmi e nelle frasi del Nuovo Testamento (ad esempio, «la carità tutto sopporta»).
Come è cambiata o si è evoluta la sua fede, negli anni?
Quando sono entrato nella Compagnia di Gesù pensavo troppo alla mia salvezza eterna. Dovevo imparare l’importanza centrale del servizio amorevole per gli altri.
Qual è il suo passo preferito delle Scritture, e perché?
Adoro l’inno alla carità di san Paolo in 1 Corinzi 13, e trovo che torni attuale ogni volta che sostituisco il nome di “Gesù” con la parola “carità”. Dopotutto, egli era ed è proprio quell’agápē che Paolo celebra.
Come descriverebbe la teologia di papa Francesco?
Papa Francesco sta cercando di attuare gli insegnamenti del Vaticano II: ad esempio, lo stile di governo sinodale e la grande attenzione per i poveri, promossi dal Concilio.
Se potesse dire una sola parola al papa riguardo alla teologia oggi, quale sarebbe?
Per favore, di incoraggiare più teologi come il card. Kasper a farsi avanti, aiutandoli a far sentire la propria voce.
Che rimpianti ha, guardando al passato?
Avrei voluto fare di più per gli ammalati, gli affamati e i carcerati.
E le sue speranze per il futuro?
Spero che il Signore continui ad aiutarmi a servire il prossimo negli anni che mi restano.
Dove avverte con maggior forza la presenza di Dio nella sua vita, ora come ora?
Vivendo tra migliaia di studenti, australiani e di altri Paesi, Dio lo trovo nella loro voglia di vivere e nelle loro speranze per il futuro.
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