Riprendiamo da The Christian Century ampi stralci della conversazione tra la scrittrice Marilynne Robinson e il teologo Rowan Williams, svoltasi nel 2019 presso il Wheaton College (Illinois) nell'ambito di una conferenza sul significato teologico dell'opera della Robinson. A Marilynne Robinson e al valore letterario e teologico dei suoi libri è dedicato il volume, di prossima pubblicazione per i tipi di Queriniana, a firma di Maria Nisii: La casa dell'invisibile. Marilynne Robinson e la teologia del quotidiano.

Entrambi avete scritto o parlato di come il lavoro immaginativo, in particolare la narrativa, fornisca una visione del divino. Come argomentate questa convinzione?
Rowan Williams: Spesso si pensa che l'immaginazione consista nell‘inventare cose. Chi scrive, anche in misura modesta come me, sa che nel lavoro compiuto dall'immaginazione c'è un elemento di vera scoperta. Mentre lavori, generi nuove domande, nuovi stimoli. Non ho mai scritto un romanzo – per vostra fortuna! –, però scrivo poesie, e l'esperienza di scrivere una poesia è molto simile alla sensazione di percepire qualcosa solo a metà e sapere che devi lavorarci sopra, che devi lasciare che si sviluppi, senza sapere bene dove ti porterà; e, a volte, pensavi che sarebbe andata in un modo e invece è andata a finire in tutt‘altro. Tutto questo mi fa pensare che l'immaginazione sia davvero una facoltà che abbiamo dentro di noi e che ci permette di scoprire qualcosa.
Marilynne Robinson: È proprio vero. Una delle cose interessanti quando ti dedichi alla scrittura di un romanzo è quanto le voci diventino reali per te, al punto che se fai dire a un personaggio del romanzo una parola o una frase che quella persona non userebbe mai, ti suona sgradevole e devi tornare indietro e correggerla. Man mano che la finzione prende forma, le opzioni si assottigliano.
Come può la Chiesa essere più aperta al potere trasformativo delle arti?
Robinson: La letteratura è, in senso strettamente etimologico, sovversiva. Vuole che tu pensi a qualcosa in un modo che altrimenti non faresti. Lo stesso vale per la poesia. E a volte le persone che sottoscrivono il bene in modo programmatico sono resistenti alle sorprese. Il cristianesimo è sovversivo in questo senso. Cristo ha assunto la condizione di servo. Questo mina i presupposti culturali riguardo a cosa sia da considerare di valore, a quali siano le gerarchie. L'arte, quella vera, riproduce questo grande ribaltamento.
Williams: Penso che questo spieghi anche perché è molto difficile per la chiesa commissionare o controllare l'arte. Alcuni la vedono così: “Beh, ovviamente l'arte è molto importante, quindi esponiamo le opere di qualche artista cristiano”. È piuttosto una questione di come la chiesa nutra le menti e i cuori degli esseri umani, affinché vi siano persone che siano toccate da quella pienezza sovversiva che è la grazia. Si tratta della chiesa capace di accogliere voci e immagini scomode.
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Scrivere romanzi richiede tempo, attenzione e pazienza. Viviamo in una società molto distratta. Come possiamo aiutare le persone a dare valore al tempo dedicato alle opere di narrativa, grazie a cui possono in qualche modo vivere le esperienze che vi trovano descritte?
Williams: Abbiamo bisogno di una serie di discipline che richiedono tempo. Dobbiamo probabilmente incoraggiarci a vicenda – e con noi anche le nuove generazioni – a dedicarci di più a certe attività, come il giardinaggio e la cucina. E forse così salveremo il mondo, nel senso che ci sono alcune cose che sono buone solo se ci si dedica tempo. Tendiamo a pensare che "prima è, meglio è", ma non capiamo che il bello di queste attività è il tempo che ci dedichiamo.
Si tratta in qualche modo di riconnettersi con la propria fisicità. Purtroppo oggi abbiamo a disposizione strumenti molto ambigui come i social media e la comunicazione digitale, che privilegiano l'interazione rapida. Come tutti ben sappiamo, su ogni computer dovrebbe esserci un pulsante con scritto "lasciar decantare", da premere al posto del pulsante "invia".
Robinson: Se ti documenti sulle teorie che si occupano di tali questioni, scopri che gli esseri umani sono infinitamente complessi. La complessità di ogni essere umano è così grande da garantire che lui o lei sia un essere umano unico. Dio vi ha creati unici, e sta a voi scoprire in cosa consista quella creazione. Cosa ha creato? Chi sei? Di cosa sei capace?
Un’idea su cui mi piace riflettere è che Dio conosce i nostri sogni. Noi dormiamo, probabilmente non li ricordiamo, ma Dio li conosce. C'è una bellezza nel flusso del pensiero umano a cui tu collabori e a cui la tua cultura collabora, ma è una bellezza singolare. Anche se tu dovessi scrivere la più bella poesia al mondo, non riusciresti comunque a comunicarla adeguatamente a nessun altro. È solo tra te e Dio. È un privilegio straordinario. Se lo pensi nel contesto dell'universo, è un privilegio letteralmente sbalorditivo.
Gran parte di ciò che le persone devono fare è divertirsi. Trarre piacere dall’essere se stesse, divertirsi a scoprire quali capacità hanno, cosa amano guardare, cosa amano gustare. Essere unicamente se stessi e con le doti migliori per esserlo, non nel senso stretto dell'individualità, ma nel senso che Dio conosce: questa è l'esperienza mistica definitiva. Non richiede altro che essere rispettosamente attenti a se stessi.
Pensate che la narrativa e l'arte del racconto ce lo insegnino?
Robinson: Penso che dovrebbero. I romanzi migliori, ci migliorano. Quelli meno riusciti, meno.
Williams: È vero. Quando finisco di leggere un buon romanzo, qualunque sia l'argomento, penso che in me stesso e negli altri c’è molto più di quanto abbia mai notato. Ho la sensazione che ci sia qualcosa di più nel mondo, una sorta di apertura verso una profondità che non riesco a possedere né a comprendere appieno.
Il romanzo Gilead ci presenta la vita nella sua normalità. Ma nella nostra cultura ossessionata dalle celebrità c'è quasi un disprezzo per l'ordinario. Potrebbe aiutarci a riflettere su come prestare maggiore attenzione alla normalità e dare più valore alla vita ordinaria?
Williams: È un po’ lo stesso discorso che per la domanda precedente riguardo al tempo.A volte desideriamo provare immediatamente un senso di fascino, di gratificazione o di drammaticità. Non riusciamo a capire che la prosaicità, la quotidianità, contribuiscono sempre alla gloria, perché vogliamo la gloria subito, vogliamo la soddisfazione immediata.
Penso ad Agostino che nelle Confessioni, in sostanza, afferma: «Il problema non è che Dio non è qui. Il problema è che non sono qui io». Sono ovunque tranne che qui, in questo momento, in questo particolare ambiente prosaico, ordinario, fisico. Parte della funzione di un'arte veramente efficace è quella di farci rallentare e portarci a quella particolarità. 
Robinson: Quando penso all'ordinario – ed è una parola che uso molto – penso allo strano miracolo dell'essere se stessi. Quando ritorno a casa dopo essere stata via per un po', al mattino scendo al piano di sotto e preparo quella che considero la colazione perfetta, un semplice toast con il burro. Combinare il senso dell'ordinario o dell'abituale con quello sacramentale: questo è un concetto molto forte nella mia mente.
Ci convinciamo di alcune cose, come per esempio l’interesse per le celebrità. Pochissime persone sopra i quattordici anni si identificano davvero con una persona famosa. Sono delle distrazioni, sono oggetti luccicanti. Ci viene detto che "ci interessano le celebrità" e questo ci fa prestare più attenzione alle riviste che incrociamo alla cassa del supermercato. Ma la domanda vera che interessa la quotidianità e i sentimenti della gente è: “Come faccio ad andare d'accordo con i miei figli? Cosa faccio con un problema che sembra incombere e che richiederà tutta la comprensione di cui sono capace?”. Penso che le persone vivano a quel livello e forse traggano un certo sollievo dal fatto che ci sia sempre una nuova rivista da sfogliare.
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Ci sono abitudini o pratiche spirituali che la Chiesa dovrebbe insegnarci a vivere meglio, pratiche o abitudini che abbiamo evitato e alle quali faremmo bene a tornare?
Williams: È di nuovo una questione di ritmo, no? Abbiamo perso il senso di creare un ritmo nel nostro incontro quotidiano con Dio. A volte pensiamo che il vero incontro con Dio debba essere eccezionale, emozionante, diverso, drammatico, e non pensiamo che sia semplicemente un farsi avanti, nel senso di aprire la Bibbia, recitare un salmo. Semplicemente farsi avanti nel silenzio che dedichiamo a Dio. Abbiamo bisogno di formazione in queste cose. Abbiamo bisogno di incoraggiamento per sviluppare queste abitudini, che sono terribilmente semplici.
Robinson: Trovo che molte chiese protestanti provino dell’imbarazzo per ciò che è legato alla tradizione. C'è la sensazione che, man mano che le cose diventano più vecchie dal punto di vista generazionale, perdano rilevanza. Il caos che questa ansia ha provocato in molte chiese è notorio.
Una delle cose più importanti che le chiese devono dire alle persone è che fanno parte del fluire dell'umanità, che se ascoltano attentamente possono sentire qualcosa che è stato detto cinquecento anni fa e che sentiranno vero nel profondo del loro cuore. Non dobbiamo scartare gli inni e le espressioni migliori. Non solo comporterebbe una grave perdita, ma anche una sorta di travisamento di ciò che siamo, ovvero membri di una generazione che avrà una storia, scomparirà e sarà sostituita da altre generazioni alle quali si applicheranno queste stesse considerazioni.
Ogni famiglia, ogni Paese, ha una storia complessa; non esiste una storia senza macchia. Come possiamo ricordare in maniera giusta, senza essere eccessivamente selettivi riguardo alle cose belle e dimenticare quelle brutte, ma anche senza lasciare che gli aspetti negativi della storia ci portino a disprezzarla?
Williams: “La verità vi renderà liberi”, ha detto qualcuno. E accettare la verità della storia eterogenea che tutti noi abbiamo come comunità e come individui è fondamentale per crescere. Significa che guardo al mio passato e penso: “Come ho potuto pensarlo? Come ho potuto farlo?”. Ma l'ho fatto ed è parte di me, è parte di ciò che Dio vede, ed è parte di ciò con cui Dio opera. Solo se viene portato alla luce può essere pienamente elaborato. E lo stesso vale se guardiamo al passato.
Piuttosto che limitarci a dire: “Oh, come hanno potuto pensarlo? Come hanno potuto farlo?“, mostrando disprezzo verso il passato, dovremmo dire: ”Beh, come me, queste erano persone con prospettive parziali, con una comprensione parziale; hanno fatto del loro meglio e hanno fatto davvero male, come me". Notare questo fatto dargli il giusto riconoscimento – penso che sia così che viviamo realmente nella comunione dei santi. Siamo dei grandi snob cronologici, non è vero? Ci piace pensare a quanto fosse stupido chi ci ha preceduto, senza renderci conto che, ovviamente, questo significa che chi verrà dopo di noi ci considererà altrettanto stupidi.
Robinson: Dobbiamo guardare di più a ciò che abbiamo ricevuto e che ha un valore davvero inequivocabile. Il Wheaton College è stato fondato dagli abolizionisti, e così tanti altri college. Questo movimento era straordinariamente grande, ma ora è stato dimenticato. Ciononostante, ognuno di noi si sente fortunato a trovarsi in un posto come questo e a sapere che ci sono luoghi simili in tutto il Paese. Questi luoghi sono stati creati intenzionalmente. Sono stati creati con intenzioni forse più nobili delle nostre. Le loro intenzioni hanno sostenuto queste istituzioni e noi viviamo in esse.
Abbiamo la tendenza a dire di un personaggio del passato: “Beh, sembrava una figura molto idealista, ma in realtà...”. È come se il “ma in realtà” annullasse “era una persona molto buona e produttiva in quel che faceva nella sua vita”. Siamo crudeli. Dobbiamo tutti sperare che Dio sia molto più gentile di noi, smettere di essere così desiderosi di trovare la cosa più negativa che si possa dire su qualcuno e avere l’umiltà di riconoscere che ci sono stati fatti dei doni straordinari. Smettiamo di cercare modi per svalutare. Dobbiamo essere consapevoli e intenzionati a valorizzare ciò che è chiaramente buono e ricordiamo sempre che è buono per scelta di qualcuno, come conseguenza di una collaborazione. Abbiamo l'abitudine di pensare che solo il cinismo sia onesto, e questa è una terribile cecità.
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