10/01/2011
180. Dove va la Chiesa? Sul libro-intervista di Benedetto XVI di Rosino Gibellini
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Con il titolo Luce del mondo (Libreria Editrice Vaticana 2010) è da poco edito il libro-intervista del giornalista tedesco Peter Seewald al papa Benedetto XVI. Il titolo si ispira all’incipit della costituzione conciliare Lumen Gentium: titolo cristologico, e subordinatamente ecclesiologico, in quanto la fede deve irraggiarsi nel mondo. Del resto, il tema della intensa conversazione è prevalentemente ecclesiologico ed è ben reso dal sottotitolo Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Il libro analizza i principali fatti intercorsi nei primi cinque anni del pontificato, che sono stati insistentemente presenti, con diverse interpretazioni, nei media mondiali, e di cui si dà ora una autorevole interpretazione, collocandoli nel contesto della vita della chiesa e della società. 


Si tratta del terzo libro-intervista edito dal giornalista tedesco, già redattore dello Spiegel e della Süddeutsche Zeitung. Il primo libro-intervista al card. Ratzinger, Il sale della terra (1996), trattava del cristianesimo e della chiesa nella svolta del millennio. Il secondo libro-intervista al card. Ratzinger, Dio e mondo (2000) è l’intervista più teologica, che tratta in tre distinti capitoli di Dio, di Gesù Cristo, e della Chiesa. Ne risulta una istruttiva catechesi sui temi cristiani nel contesto del nostro tempo, prontamente riedita in Germania anche come libro regalo, nel 2005, in occasione della elezione del papa, e rimane un testo da rileggere per quanti «sono incamminati su un percorso di ricerca e comprensione della fede cristiana». Si potrebbe connettere questo secondo libro-intervista, Dio e mondo, per la sistematicità di trattazione, con l’opera maggiore sistematica del giovane teologo di Tubinga, Introduzione al cristianesimo (1968). 

Proponiamo solo alcuni spunti della conversazione. 

Per quanto riguarda la vita quotidiana del papa, al giornalista che gli ricorda il De consideratione di san Bernardo, Benedetto risponde: «Leggo quanto più riesco. In ogni caso tengo sempre presente il monito di Bernardo di non perdermi nell’attivismo» (109). Sono espressi anche alcuni candidi desideri del papa, ad esempio: «Stare semplicemente a casa propria, come nella mia casa di Pentling [...]» (111) – nei verdi dintorni della città –, di cui ho avuto l’onore di essere stato ospite negli anni della sua docenza all’università di Ratisbona. 

Alla domanda su quale carisma possa portare con sé un papa che viene dalla Germania (interessante la rapida sintesi della storia della Germania del giornalista) il papa risponde: «Io penso che Dio, scegliendo come papa un professore, abbia voluto mettere in risalto proprio questo elemento della riflessività e della lotta per l’unità di fede e ragione» (117). 

Sul rapporto con il pontificato di Giovanni Paolo II: «Tessiamo il medesimo pezzo di stoffa» (101). Sulla “crisi della chiesa”, come si esprime il giornalista, che pone la domanda se la chiesa cattolica possa veramente evitare il Terzo Concilio Vaticano, il papa risponde: «Al momento non ne vedo le condizioni. Credo che in questo momento i sinodi siano lo strumento giusto, perché in essi è rappresentato l’intero episcopato che è per così dire alla ricerca, che tiene insieme la chiesa e al tempo stesso la conduce in avanti. In questo momento abbiamo bisogno di movimenti spirituali per mezzo dei quali la chiesa universale – attingendo all’esperienza dei tempi, alla sua intima esperienza di fede e alla sua forza – imprima dei segni e rimetta così al centro la presenza di Dio» (100). 

Sull’ecumenismo, fa riflettere in particolare il riferimento ai movimenti evangelicali: «L’impegno ecumenico è stratificato e presenta molti volti. C’è l’intera Ortodossia, multiforme già di per sé, poi il Protestantesimo mondiale in cui le confessioni classiche si differenziano dal nuovo Protestantesimo che è in crescita e che rappresenta un segno dei tempi. Il luogo in cui, per così dire, siamo più a casa e in cui abbiamo maggiori speranze di incontrarci è l’Ortodossia» (129). 

Nei confronti del mondo moderno occidentale, il papa percepisce e denuncia ambiguità e pericoli: «C’è il pericolo che la ragione, la cosiddetta ragione occidentale, sostenga di aver finalmente riconosciuto ciò che è giusto e avanzi così una pretesa di totalità che è nemica della libertà. Credo necessario denunciare con forza questa minaccia. Nessuno è costretto ad essere cristiano. Ma nessuno deve essere costretto a vivere secondo la “nuova religione”, come fosse l’unica e vera, vincolante per tutta l’umanità» (82-83). Nel corso della conversazione Benedetto XVI parla dello «scontro tra due mondi spirituali, il mondo della fede e il mondo del secolarismo»; e ritiene «necessaria una grande lotta spirituale», che «assuma la modernità buona e giusta», con una consapevolezza: «L’essere cristiano è esso stesso qualcosa di vivo, di moderno, che attraversa, formandola e plasmandola, tutta la mia modernità, e che quindi in un certo senso veramente la abbraccia» (86-87). 


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