16/12/2005
62. Disegno intelligente. L’evoluzione parla di Dio? di Häns-Dieter Mutschler
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Con il concetto di “Disegno intelligente” si indicano negli Usa i tentativi di conciliare la teoria dell'evoluzione con la dottrina cristiana della creazione. Già da qualche tempo ci si interessa di questo discusso approccio anche in Europa. Il dibattito è stato poi rilanciato da alcune espressioni dell'arcivescovo di Vienna,il card. Christoph Schönborn. Pubblichiamo l'intervento di Häns-Dieter Mutschler, 1946, docente di filosofia della natura e della tecnica alla scuola superiore Ignatianum di Cracovia, apparso sul mensile “Herder Korrespondenz”, 10/2005.


Le moderne scienze della natura hanno cacciato Dio dall’universo: dapprima dall’ambito inorganico, che a partire dal secolo XVIII viene considerato puramente meccanico-causale, e da Darwin in poi anche dall’ambito degli esseri viventi. Ciò che a noi sembra rispondere ad uno scopo, la struttura e l’agire di esseri viventi, secondo Darwin è soltanto l’effetto secondario di leggi naturali cieche e di altrettanto cieche casualità. Dietro lo sviluppo della vita non si nasconde alcun ‘disegno’.

Lo sviluppo della biologia, a partire dalla metà del secolo XX, ha confermato questa concezione: quanto più conosciamo l’ambito macromolecolare, quanto più spingiamo avanti il nostro sapere grazie alla teoria dei sistemi e alla teoria dei giochi, tanto più chiara sembra la conclusione che qui non è all’opera alcun ‘architetto’, ma svolge la sua opera il cieco caso.

Un credente può reagire a questa provocazione della scienza in diversi modi. In primo luogo, può affermare che la scienza si sbaglia, perché interpreta in modo falso i propri risultati; in secondo luogo, può insistere sul fatto che la fede non ha nulla a che fare con la ragione, ma si basa soltanto sul sentimento; in terzo luogo, può sostenere che almeno la scienza della natura non conosce i fenomeni sotto ogni riguardo e che l’aspetto religioso è proprio quello che le sfugge; oppure, in quarto luogo, può trarre la conclusione che dalla non presenza di Dio nella scienza segue la sua non esistenza.

La prima posizione è quella del fondamentalismo religioso, la seconda è quella dell’irrazionalismo, la terza è una posizione filosofica che deve essere formulata con maggior precisione e la quarta è l’ateismo motivato scientificamente.

La maggior parte dei teologi e filosofi cattolici sostiene la terza posizione e rifiuta le altre. Secondo questa concezione standard i fondamentalisti religiosi commettono in fondo lo stesso errore degli atei scientifici. Entrambi infatti suppongono che la scienza della natura sia competente per tutto ciò che esiste al mondo. Se si crede questo, ne segue che l’ateismo metodologico della scienza diventa ateismo ontologico. Se invece si è convinti, qualunque ne sia il motivo, dell’esistenza di Dio, ne segue, per la stessa logica, che la corrente scienza della natura è necessariamente falsa. Infatti, se essa fosse vera, Dio dovrebbe comparire in essa, per il fatto che la scienza è competente per ogni questione.

Questa fede nella onnicomptetenza della scienza della natura ha sicuramente scarsa credibilità. Se ciò fosse vero, allora, ad esempio la storia, la psicologia, la sociologia, l’etica, la filosofia della religione e del diritto, o anche l’interpretazione delle opere d’arte, dovrebbero lasciarsi ridurre a fisica e biologia.

Il fondamentalismo religioso pone dunque presupposti esotici ed è per questo motivo che da noi non è molto diffuso. Del tutto diversa è la situazione negli Usa: Secondo dei sondaggi, lì più del 50% della popolazione ha una convinzione di fondo creazionistica, e perciò rifiuta nettamente la teoria dell’evoluzione di Darwin. Ma non sono soltanto i contadini conservatori del medio Ovest che si rifanno ad una tale posizione creazionistica, perfino tra rinomati professori di università – e in verità spesso proprio tra quelli dell’ambito delle scienze naturali – imperversa il fondamentalismo religioso, che negli Usa gioca un grande ruolo anche nell’opinione pubblica.


Prendere alla lettera il racconto biblico della creazione?

Negli anni Novanta si sviluppò negli Usa un orientamento di pensiero accademico-fondamentalistico (posto che si possa qui parlare di ‘pensiero’), secondo cui la corrente teoria dell’evoluzione in quanto tale sarebbe falsa, poiché rifiuta l’idea di un ‘disegno intelligente’. Questo scaturisce a sua volta dal fatto che è proprio dei processi vitali avere un senso e uno scopo immanente, che sarebbe possibile verificare empiricamente. Senso e scopo – e non il caso - sarebbero qualità oggettive della natura e le spiegazioni finalistiche sarebbero migliori rispetto a quelle causali. Tra l’altro, il racconto biblico della creazione andrebbe preso alla lettera.

Senso e scopo, caso e necessità sono da noi temi discussi da oltre 50 anni, si pensi soltanto a Karl Rahner e al suo concetto di ‘autotrascendenza’. Il neofondamentalismo americano (Usa) sembra totalmente lontano dall’esserne toccato, così come esso semplicemente ignora anche 150 anni di esegesi critica.

A dire il vero questo fondamentalismo guadagna in influenza anche da noi, il che sembra consigliare di occuparsene. Perfino alti dignitari sembrano andare in una simile direzione, e comunque un commento del cardinale di Vienna Christoph Schönborn sul New York Times del 7 luglio di quest’anno suscitò grande scalpore. In questo commento Schönborn dice: “Ogni sistema di pensiero che neghi o cerchi di spiegare rifiutando l’evidenza schiacciante di un piano nella biologia è ideologia, e non scienza”. La tendenza ad un fine da parte del processo di evoluzione ci ‘costringerebbe’ ad ammettere un ‘creatore del fine’.

Schönborn riprese poi queste tesi, che suonano fondamentalistiche, pochi giorni dopo su un sito web del Vaticano. Egli si sarebbe difeso soltanto contro coloro che “escludono dogmaticamente un piano intelligente nella creazione”.

Negli Usa c’è tutta una serie di Istituti, finanziariamente ben foraggiati, che si danno da fare per difendere un ‘disegno intelligente’ e contro la teoria darwinistica dell’evoluzione, ad esempio il ‘Discovery Institute’, il ‘Center for the Renewal of Science’, l’ ‘Access Research Network’, il ‘Center for Science and Culture’, e molti altri.

In Germania condivide il concetto di ‘disegno intelligente’ il gruppo evangelicale ‘Studiengemeinschaft Wort und Wissen’. In Svizzera c’è una società ‘Pro Genesis’, diretta da Gian Luca Carigiet. Carigiet progetta un grande parco del tempo libero, al cui centro ci sarà un’arca di Noè a grandezza originale.

È difficile esporre più adeguatamente i dettagli del concetto di ‘disegno intelligente’. Alcune considerazioni di principio, di natura teoretico-scientifica, filosofica e teologica, sembrano tuttavia opportune.

Secondo la concezione dei sostenitori del disegno intelligente, convenienza e senso sono qualità oggettive del processo naturale. Perciò è possibile verificarle empiricamente, allo stesso modo in cui si misura la temperatura o l’intensità del campo elettrico.

Prima di parlare di Dio è sempre sensato interrogarci dapprima sull’uomo. L’uomo ci è più vicino, tanto più che noi non abbiamo affatto altra possibilità per parlare di Dio se non in analogia con l’uomo. Si deve dunque, in primo luogo, usare il concetto di ‘disegno intelligente’ in senso antropologico e porsi la domanda: C’è un corrispettivo ‘disegno’ nel caso dell’uomo, e se sì, è dimostrabile scientificamente? La risposta a questa domanda è un chiaro no. La scienza della natura è vincolata a problematiche causali. Essa indaga come una situazione materiale B segue ad una situazione A e quali leggi trasformano A in B. Nel quadro di una tale problematica non può dunque comparire qualcosa come ‘spirito’, ‘intenzione’, ‘volontà libera’, ‘scopo’ o simili.

Questo è, in definitiva, anche il motivo per cui certi neurofisiologi, sociobiologi o teorici della conoscenza evoluzionisti contestano che l’uomo sia un essere libero che agisce secondo fini. Alla scienza della natura non solo non è accessibile il senso divino dell’universo, essa non conosce neppure che cosa accade quando una persona si decide a fare qualcosa di determinato. Se lo si vuol sapere, lo si deve chiedere alla persona stessa. Senso e scopo si schiudono non ad un processo sperimentale, ma solo ad un processo dialogico. Se io tratto la natura seguendo il filo conduttore della causalità, pongo delle condizioni forzate. Kant parlò di un ‘interrogatorio’, in cui la natura viene costretta a dare risposta. Il rapporto dello scienziato con la natura è fatto di monologhi e solo sotto questo presupposto egli può produrre sapere oggettivo.

Chi invece cerca un rapporto dialogico con la natura, come ad esempio Goethe o Schelling, costui considera la natura come una specie di soggetto nel senso più ampio del termine, un soggetto con cui noi possiamo entrare in dialogo. Ci muoviamo allora nel quadro di una ermeneutica o anche di una metafisica della natura. Sapere oggettivo a questo livello non esiste. Inoltre, si aggiunge qui una ulteriore difficoltà: ad una persona che agisce, e di cui non conosciamo le intenzioni, noi possiamo porre domande. Ma se noi interpretiamo la natura come forma espressiva di una volontà cosciente, a questa ‘volontà del mondo’, a questo ‘soggetto natura’ o a questo creatore non possiamo semplicemente chiedere informazioni. Abbiamo soltanto le forme espressive della natura, che sono estremamente ambigue.

Con questo concorda ciò che i teologi hanno sempre affermato: desumiamo il nostro discorso su Dio dalla rivelazione e solo alla sua luce diventa per noi comprensibile il messaggio della natura. Se interpretiamo i dati evolutivi in senso metafisico, essi sono del tutto ambivalenti. In realtà possiamo spiegare la crescita in complessità come ‘progresso’, come un incremento qualitativo di contenuti o di valori, ma come la mettiamo poi con le catastrofi naturali?

Per ogni essere adattato al suo ambiente ce ne sono 1000 miseramente falliti. Alla fine trionferà la morte termica e allora non ci sarà più alcuna vita nell’universo, ma soltanto una zuppa di microparticelle, senza struttura. Soltanto alla luce della rivelazione – ossia alla luce della fede – possiamo dire, con il primo libro della Genesi, che tutto sia “molto buono”. La natura non ci dà alcun appiglio per dirlo.

Il concetto di ‘disegno intelligente’ è, su questo sfondo, per molti motivi destinato a fallire. Categorie di senso non sono categorie scientifiche, ma metafisiche, nel migliore dei casi teologiche. Se noi poniamo la questione di Dio, non poniamo comunque una questione empirica.

Ci sono, anche di recente, dei metafisici come Charles Sanders Peirce (Naturordnung und Zeichenprozess [Ordine naturale e processo semantico], Frankfurt 1991), Alfred North Whitehead (Prozess und Realität [Processo e realtà], Frankfurt 1987) o Hans Jonas (Organismo e libertà. Verso una biologia filosofica, Einaudi) che pongono la questione di ‘Dio nella natura’. Tutti e tre non sono degli atei, ma tengono altamente conto del rispettivo stato della ricerca scientifica. I loro argomenti sono di natura speculativa. Essi partono dal fatto che Dio non è un dato empirico e fanno valere perciò soltanto la possibilità che l’evoluzione, con tutto ciò che essa produce (dunque anche l’uomo con tutte le sue qualità), diventi più comprensibile accettando l’ipotesi dell’esistenza di Dio piuttosto che escludendola.

Questo processo del rendere comprensibile non si colloca sullo stesso piano di una spiegazione scientifica: se io penso il mondo in termini puramente causali, esso mi appare come ammasso senza senso di particelle elementari o come effetto secondario di programmi genetici che nessuno ha scritto. Se vedo il mondo come una compagine logica, devo, come fanno Goethe, Whitehead o Rahner, porre l’uomo al centro della mia attenzione e assumere un rapporto dialogico nei confronti della natura.


L’evoluzione può essere interpretata anche sullo sfondo di una dottrina cristiana della creazione

Se si rifiuta la metafisica, perde allora senso l’ ‘argomento del disegno’. Rimarrebbe allora, in ogni caso, la posizione irrazionalistica citata all’inizio, secondo la quale la fede non ha nulla a che fare con la ragione. Questa posizione viene difesa soltanto da fideisti protestanti estremisti. Nell’ambito cattolico e da parte di molti teologi evangelici essa è ritenuta non cristiana, perché la pretesa di verità del cristianesimo non può esprimersi in essa.

Il cardinale Schönborn, dopo che le sue esternazioni originarie avevano suscitato tanto scalpore, fece marcia indietro, ritirandosi sulla posizione più debole, dicendo cioè che egli si sarebbe difeso soltanto contro coloro che “escludono dogmaticamente un piano intelligente nella creazione”. Questo è senz’altro un atteggiamento rispettabile, che si dovrebbe sostenere in pubblico con una certa dose di aggressività.

In realtà le cose stanno così: la teoria dell’evoluzione, nel caso di molti suoi sostenitori, si lega con una pretesa materialistico-dogmatica. Si pensi, ad esempio, a biologi come Richard Dawkins (L’orologiaio cieco. Creazione o evoluzione?, Mondadori) o a Edward Wilson (Die Einheit des Wissens [L’unità del sapere]). Da costoro le cose sono rappresentate come se, per prendere sul serio la biologia, si debba essere atei. Per molti contemporanei è già troppo se, a partire dalla biologia, si lascia aperta la possibilità dell’esistenza di Dio.

Così, ad esempio, Sebastian Hermann, nel Süddeutschen Zeitung (12.07.2005), scrisse un articolo critico contro il creazionismo, che starebbe avanzando in Germania. Ci sarebbe un manuale di biologia, di Reinhard Junker e Siegfried Scherer, sulla teoria della evoluzione, che rischierebbe di essere diffuso nelle scuole e che riferirebbe una posizione chiaramente creazionistica (Evolution. Ein kritisches Lehrbuch [Evoluzione. Un manuale critico], Giessen 1998). È vero che Junker collabora presso la ‘Studiengemeinschaft Wort und Wissen’ e che, a partire da qui, ci sono collegamenti trasversali con gruppi, negli USA, che sostengono il ‘disegno intelligente’: questo manuale, però, dal punto di vista metodologico non è scorretto.

Per lo più tratta questioni puramente empiriche. Chiaramente separati sono gli ultimi tre capitoli, sotto il titolo significativo di “Oltrepassamento dei confini”. Qui gli autori rimandano al fatto che noi abbiamo sempre la tendenza a interpretare l’accadere evolutivo in maniera ideologica, sia materialisticamente sia nel senso di una dottrina cristiana della creazione. Tali interpretazioni non vengono presentate da Junker e Scherer come conseguenze della scienza, ma come opzioni filosofiche o teologiche.

Coerentemente, la questione dei ‘segnali di un disegno’ nella natura non viene trattata come una questione scientifica: “Senza dubbio non si può mai dedurre la prova scientifica che, nel caso di segnali di un disegno, si tratti di ‘notizie del Creatore’ alle sue creature”. Gli autori classificano questi ‘segnali’ nell’ambito dell’intuitivo, dell’estetico, dove prove scientifiche sarebbero impossibili.

Pertanto, finché tali autori ai mantengono nei limiti metodologici non si può parlare di ‘fondamentalismo’. Nel suo libro sull’ ‘Orologiaio cieco’ (cioè l’evoluzione) Richard Dawkins, proprio all’inizio, dice: “Questo libro è scritto nella convinzione che la nostra esistenza era prima il maggiore di tutti gli enigmi, oggi però non rappresenta più alcun mistero poiché l’enigma è stato svelato”. Di fronte a tali affermazioni materialistico-dogmatiche, che tra i biologi sono abbastanza diffuse, deve essere consentito richiamare l’attenzione sul fatto che l’evoluzione può essere interpretata altrettanto bene anche sullo sfondo di una dottrina cristiana della creazione.

Negli USA il movimento del ‘disegno intelligente’ è legato al conservatorismo politico. Ad esempio, il presidente Gorge W. Bush si è impegnato per esso. Qui giocano un grande ruolo preconcetti ideologici. Si spera che questo fondamentalismo religioso da noi non si diffonda. Le affermazioni originarie del cardinal Schönborn possono essere state degli sviamenti linguistici. Se però ha voluto soltanto mettere in questione la diffusa commistione di materialismo e teoria dell’evoluzione, egli non ha allora detto nulla di sbagliato.




© 2005 by Herder Korrespondenz, Freiburg i. Breisgau
© 2005 by Teologi@Internet
Traduzione dal tedesco di Gianni Francesconi
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)
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