15/04/2024
557. DAVANTI AL VOLTO DI DIO di Gerhard Lohfink
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Vogliamo ricordare il nostro autore Gerhard Lohfink, scomparso a Francoforte il 2 aprile scorso, con questa toccante meditazione sull’incontro definitivo con Dio, dopo la nostra morte. Il testo è tratto dall’epistolario La fede cristiana spiegata in 50 lettere (Queriniana, 2020).

 


L’essere umano mira all’incontro: mira all’incontro con il Dio vivente, che lo ha creato, lo ha mantenuto in vita, lo ha guidato e lo ha colmato con i suoi doni. Nella morte incontreremo definitivamente questo Dio. Qui è determinante la parola «definitivamente». Infatti già ora incontriamo Dio in diversi modi: nella felicità e nella necessità delle nostre preghiere; nelle nostre liturgie, nelle quali cerchiamo di elevare lo sguardo a lui e di rendergli grazie; in ogni servizio che rendiamo agli altri e in ogni buon colloquio che abbiamo con le altre persone.

Ma in tutti questi incontri, Dio resta nascosto. Anzi, sembra tacere, sembra che si sottragga costantemente a noi. Non possiamo trattenerlo, non possiamo dire: adesso l’ho conosciuto. Siamo sempre di nuovo in cammino verso di lui, con lui dobbiamo iniziare ogni volta da capo. Noi incontriamo Dio in molti modi, ma con lui non finiamo mai. Proprio la preghiera è la nostra difficoltà più grande: noi continuiamo a parlare in un silenzio costante. La nostra preghiera dovrebbe essere un dialogo con Dio – ma il nostro interlocutore sembra tacere. Dico «sembra», perché in realtà Dio ci dà senz’altro una risposta – a volte subito, altre volte più tardi, spesso con segni piccolissimi che possono sfuggire. Lui parla senz’altro con noi, ma resta il suo nascondimento.

Nella morte però incontreremo Dio in maniera definitiva, il Dio delle nostre preghiere, quel Dio che desideriamo profondamente, il Dio della nostra speranza e della nostra fede. Quando parliamo del «cielo», non intendiamo delle belle cose indistinte che ci aspettano là, sopra di noi. Il cielo non è altro che l’incontro con Dio stesso, che risplenderà davanti a noi. Nessuno è in grado di descrivere come sarà. Al limite possiamo pensare ai momenti della nostra vita nei quali ci è arrivato addosso inaspettatamente, nei quali ci sono come cadute le bende dagli occhi, nei quali improvvisamente abbiamo riconosciuto delle relazioni che prima neanche sospettavamo. Oppure a quei momenti in cui ci sarebbe piaciuto dire: «Rimani, sei così bella!», come si dice nel Faust di Goethe. Momenti che sono stati pieni di splendore e felicità, ma che sono passati troppo velocemente.

Ma anche tali paragoni sono in fondo dei tentativi inutili, che dobbiamo respingere davanti all’emozione del vero incontro con Dio. Nella nostra morte incontreremo il Dio infinito. Allora capiremo quanto ci è stato sempre vicino – anche in quei momenti in cui pensavamo che fosse molto lontano da noi. Conosceremo allora quanto Dio è grande e santo, incommensurabilmente più grande e più santo dell’immagine che ci eravamo fatta di lui. Dio splenderà davanti a noi in modo così grande e così santo, che da quel momento in poi riempirà tutta la nostra percezione, tutto il nostro pensiero e tutto il nostro essere – definitivamente e per sempre.

Da questo punto di vista, il concetto di «eterno riposo» che noi cristiani applichiamo così volentieri alla vita presso Dio, mi sembra un po’ discutibile. L’incontro con Dio non è un riposo eterno, ma una vita straordinaria, stupenda.

Nella chiesa cattolica è usanza consolidata pregare per i defunti. Per esempio dicendo: «L’eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen.» Il concetto di «riposo» è assolutamente biblico, come anche quello di «luce perpetua» (cfr. Is 60,19). Sullo sfondo dell’immagine dell’«eterno riposo» si trova in generale il riposo di Israele, quando è finalmente entrato nella terra agognata e si sono adempiute tutte le promesse (Dt 3,20).

Ma il concetto di «riposo» può essere anche frainteso. Può infatti far pensare a una fiacchezza, al sonno, al silenzio del sepolcro, a una stasi. Ed è proprio quello che non si vuole significare. Per questo nel privato adatto leggermente a mio piacere questa antica preghiera per i nostri defunti e dico: «Signore, dà loro l’eterna gioia pasquale!». Ma non si tratta altro che di immagini. Insieme a Paolo dobbiamo dire: «Allora invece vedremo faccia a faccia» (1 Cor 13,12) e davanti a quella visione respingeremo tutte le immagini e le esperienze che abbiamo fatto in precedenza.

Penso a voi e vi saluto tutti di cuore.






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