08/01/2002
6. Condizioni per un dialogo delle culture di Hans Küng
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Nell’estate del 1993 la rivista Foreign Affairs pubblicò un saggio del politologo americano Samuel Huntington intitolato Scontro tra le civiltà?. Quell’articolo ha scatenato un vivacissimo dibattito, che ha portato l’autore a sviluppare in un denso volume di 500 pagine le sue analisi nell’opera Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale (1996; edizione italiana 1997). Altri politologi hanno ripreso il concetto di Huntington, parlando di scontro delle culture. L’opera di Samuel Huntington rappresenta uno dei testi di analisi della contemporaneità tra i più importanti del decennio di fine secolo. In campo teologico è stato Hans Küng a entrare prontamente in discussione sia con l’articolo del 1993, come anche con l’opera del 1996. In un’attenta analisi Hans Küng contrappone al concetto di “scontro delle civiltà”, o di scontro delle culture, il concetto di dialogo delle culture a determinate condizioni, che sono riassunte in questo intervento alle Nazioni Unite del novembre 2001. Sullo stesso tema si può anche vedere il denso fascicolo di Concilium. Rivista internazionale di teologia 4/2001.


Molti uomini si interrogano di fronte agli sbandamenti e ai disordini odierni: sarà il XXI secolo realmente migliore del XX secolo, un secolo pieno di violenza e di guerre? riusciremo a conseguire un nuovo ordine mondiale, un ordine mondiale veramente migliore? Nel XX secolo abbiamo perduto tre occasioni per la realizzazione di un nuovo ordine mondiale: il 1918 dopo la Prima Guerra Mondiale a causa della Realpolitik europea; il 1945 dopo la Seconda Guerra Mondiale a causa dello Stalinismo; il 1989 dopo la riunificazione tedesca e la guerra del Golfo a causa di mancanza di visioni.
Ma il nostro gruppo del Progetto per un’etica mondiale ha una tale visione, e cioè la visione di un nuovo paradigma delle relazioni internazionali, che prende in considerazione anche nuovi attori nella scena globale.
Nei nostri giorni di nuovo si fanno avanti le Religioni come attori nella politica mondiale. È vero che molto spesso nel corso della storia le Religioni hanno mostrato il loro lato distruttivo. Esse hanno fomentato e legittimato odio, inimicizia, violenza, perfino guerre. Ma in molti casi esse hanno promosso e legittimato comprensione, riconciliazione, collaborazione e pace. Negli ultimi decenni ovunque si sono rafforzate nel mondo iniziative del dialogo inter-religioso e della collaborazione delle Religioni.
In questo dialogo le Religioni del mondo hanno riscoperto che le loro proprie affermazioni etiche supportano e approfondiscono quei valori etici secolari, che sono sviluppati nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Nel Parlamento delle Religioni mondiali che si è tenuto a Chicago nel 1993, più di 200 rappresentanti di tutte le religioni mondiali hanno espresso per la prima volta nella storia il loro consenso su alcuni comuni valori, standard e atteggiamenti etici come base per un’etica mondiale, che poi nel rapporto del nostro gruppo di esperti sono stati assunti per presentarli al Segretario generale e all’Assemblea plenaria delle Nazioni Unite. Qual è allora la base per un’etica mondiale, capace di essere condivisa da uomini e donne di tutte le grandi Religioni e tradizioni etiche?
Il principio di umanità: «Ogni essere umano – sia uomo o donna, bianco o colorato, ricco o povero, giovane o vecchio – deve essere trattato umanamente.» Questo è affermato in maniera più espressiva nella Regola d’oro della reciprocità: «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te stesso». Questi principi sono stati sviluppati in quattro ambiti centrali vitali e appellano ogni essere umano, ogni istituzione e ogni nazione ad assumersi le loro responsabilità:

per una cultura della non violenza e del rispetto di ogni vita;
per una cultura della solidarietà e di un ordine economico giusto;
per una cultura della tolleranza e per una vita nella veracità;
per una cultura della equiparazione dei diritti e di pari dignità di uomo e donna.

Proprio nel tempo della globalizzazione una tale etica globale è assolutamente necessaria. Infatti la globalizzazione di economia, tecnologia e comunicazione porta anche ad una globalizzazione di problemi in tutto il mondo, che minacciano di sommergerci: i problemi nell’ambito dell’ecologia, della tecnologia atomica e della tecnologia genetica, ma anche della criminalità e del terrorismo globalizzati. Nel nostro tempo si rende urgentemente necessario che la globalizzazione di economia, tecnologia e comunicazione sia sostenuta da una globalizzazione dell’etica. In altre parole: la globalizzazione necessita di un’etica globale, non come peso aggiuntivo, ma come fondamento e aiuto per gli esseri umani, per la società civile.
Alcuni politologi prevedono per il XXI secolo uno scontro delle culture. Ma noi contrapponiamo a questa previsione una visione del futuro diversamente articolata; non semplicemente un ideale ottimistico, ma una realistica visione di speranza: le Religioni e le culture del mondo, in collaborazione con ogni uomo di buona volontà, possono aiutare ad evitare un tale scontro, a condizione che esse realizzino le seguenti convinzioni: nessuna pace tra le nazioni senza pace tra le Religioni. Nessuna pace tra le Religioni senza dialogo tra le Religioni. Nessun dialogo tra le Religioni senza valori etici globali. Nessuna sopravvivenza del nostro globo nella pace e nella giustizia senza un nuovo paradigma delle relazioni internazionali sulla base di valori etici globali.

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Editrice Queriniana, Brescia
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