Riportiamo di seguito uno stralcio della Prefazione di Robert Cheaib, che apre l’edizione italiana del libro di Martin Steffens, L’amore vero. Alla soglia dell’altro, fresco di stampa per i tipi di Queriniana. Martin Steffens, docente di filosofia e conferenziere piuttosto noto in Francia, si cimenta in questo suo nuovo libro con un tema scottante e decisamente attuale: quello della pornografia. Un amore falsato e impaziente, precipitoso e sviato, se lo si confronta con l’amore vero. Ma cos’è l’amore vero? Come distinguerlo e coltivarlo, in un’epoca – come quella attuale – dove tutto sembra dover essere eseguito e consumato in fretta?
DIVERSI TIPI DI AMORE
È stata una sorpresa per il sottoscritto trovarsi dinanzi a un libro che tratta della pornografia dopo aver preso tra le mani un libro che speravo parlasse di amore vero. Superata la sorpresa iniziale, non potevo che essere grato all’autore non solo perché ha trattato l’argomento, ma per come l’ha trattato.
La scelta di Steffens, infatti, non è stata quella dell’anatema magisteriale, né quella dell’analisi psicologica, bensì della magistrale e profonda lettura del desiderio vero celato dietro ai desideri falsati espressi (o, meglio, repressi) dalla pornografia.
Steffens parte parlando di quanto il termine “amore” sia equivocabile: amiamo il cioccolato e amiamo un bambino. Eppure sono – e devono essere – due amori ben diversi: «L’amore per il cioccolato lascia dietro di sé solo un pezzo di carta sgualcito, dopo che lo abbiamo mangiato, mentre l’amore per il figlio finisce per liberarlo dalla nostra influenza: avere un figlio significa donarlo alla sua vita. L’amore può essere allo stesso modo sia consumo sia gioia di liberare colui che amiamo?». Quest’equivoco e questa univocità linguistica svelano forse qualcosa dell’equivoco dell’amore. Usiamo lo stesso termine per descrivere lo slancio del donnaiolo e del mistico: «Dutronc – scrive Steffens – canta ironicamente J’aime les filles dopo che san Giovanni, venti secoli prima, ha dichiarato che “Dio è amore”: le ragazze e Dio – il tutto imballato in una sola parola».
Ed è qui che l’autore avanza la sua prima acuta diagnosi: «Vorremmo andare più veloce, più forte. Se siamo destinati a un amore folle, che cosa ci trattiene allora? Risposta: l’amore stesso». È l’intuizione profonda di diversi Padri del deserto che riconoscono la sacralità del nostro desiderio, ma che ammoniscono che tra noi e la nostra vera volontà c’è lo specchio deformante della nostra volontà propria.
Steffens si chiede: «Cosa ci blocca dall’immergersi nell’amore folle da Dio e di Dio? I nostri dèi d’amore. I nostri idoli». L’ostacolo tra me e il mio desiderio di Dio radicato nel mio essere è la zizzania degli dèi dei miei desideri distorti e contorti.
LA PORNOGRAFIA, OVVERO "L'AMORE" IMPAZIENTE
La pornografia, prima di essere un filmino, è un desiderio fulmineo. Un nome che l’autore dà alla pornografia è l’impazienza. L’ostacolo all’amore è l’impazienza. E – secondo Steffens – il rifiuto della pazienza dell’amore si chiama pornografia. La pornografia è il voler tutto e subito, il non voler investire e investirsi, è anche il non volersi rivestire dell’altro, mettersi nei suoi panni, stare alla soglia dell’altro – come evoca il sottotitolo del libro – per accoglierlo e lasciarsi accogliere da lui/lei.
Ecco la radiografica e lungimirante definizione di pornografia data dall’autore: «Chiamerò “pornografia” il rifiuto di questa pazienza. Il rifiuto di stare alla soglia dell’altro. La pornografia sembrerà in queste pagine non in primo luogo come un atto immorale, bensì come l’impazienza di amare che deturpa l’amore. Essa è, nella fusione dei corpi che mette in scena, una maniera di andare rapidamente, troppo rapidamente, all’essenziale – che è l’amore, ma che, nella sua precipitazione, essa perde per strada».
La pornografia consuma il tempo e lo spazio e, in fin dei conti, consuma l’alterità. In ciò vi è la sembianza del già evocato amore per il cioccolato. Ma la discriminante è che nell’amore erotico non si mangia un prodotto, ma si incontra una persona, un’alterità. Amare quest’alterità è in ultima analisi morire a sé: «L’uomo non è fatto per amare. È fatto per morire d’amore».
Così, l’amore diventa qualcosa di simile alla preghiera. Quest’ultima, infatti, è «l’ardore di un desiderio che, tuttavia, non si precipita verso ciò che lo esaudirà. Pregare è prendere atto e insieme staccarsi da ogni atto: si tratta, in un cuore a cuore con la sorgente di ogni amore, di prendere atto dell’amore folle che ci abita – ma senza tuttavia esigere nulla quanto ai mezzi e quanto al tempo del suo appagamento».
Ed è qui che splende la tesi non moralistica dell’autore che ci spiega che il contrario della pornografia non è l’ascesi fisica né il discorso che raffredda, ma l’ascesa verso l’altro, verso l’incontro, verso il noi ed è il fuoco ardente che dice qualcosa dell’essere stesso di Dio.
© 2021 by Teologi@Internet
Forum teologico fondato da Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)