15/06/2020
461. COGLIERE L'ALTERITA' COME ALTERITA' Klaus Berger e Johanna Rahner a colloquio a cura di Stefan Orth
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Il noto biblista ed esegeta tedesco, Klaus Berger, è recentemente scomparso per un improvviso attacco cardiaco (l’8 giugno 2020). Berger era nato a Hildesheim il 25 novembre 1940 e aveva studiato filosofia, teologia e orientalistica nelle Università di Monaco di Baviera, Berlino e Amburgo. Cattolico, nel 1970 aveva ottenuto la cattedra alla Rijksuniversiteit di Leida (Paesi Bassi) e dal 1974 al 2006 aveva insegnato teologia neotestamentaria alla Facoltà di teologia evangelica dell’Università di Heidelberg. Nel 2005 era stato accusato di aver ottenuto quel posto avendo fatto credere di essere protestante, mentre era sempre rimasto cattolico. Il percorso di fede di Berger fu in effetti tortuoso. Il suo riavvicinamento ufficiale alla chiesa cattolica avvenne nel 2010, quando il biblista andò a insegnare nel monastero trappista di Mariawald, a Heimbach, una cittadina della Germania nordoccidentale.

Per quanto riguarda la sua produzione, Berger è autore di numerosi e importanti studi, così come di testi più divulgativi. Ricordiamo qui il suo Commentario al Nuovo Testamento (in due volumi, Queriniana 2011), l’Ermeneuticadel Nuovo Testamento (Queriniana 2001) e il suo Gesù (Queriniana 2006), un caso editoriale che ha raggiunto tirature notevoli in diverse lingue.

Proponiamo qui di seguito alcuni passaggi di una recente intervista a due voci, rilasciata assieme a Johanna Rahner alla rivista Herder Korrespondez. Nella conversazione, i due professori mettono a tema il metodo storico-critico e il mutamento di paradigma da esso operato nell’esegesi dei decenni trascorsi. Come i testi dell’Antico e del Nuovo Testamento sono attualizzabili oggi? E che significato ricopre questo metodo per la pratica ecclesiale?
 

 

 

Dal concilio Vaticano II in qua, forse il potenziale dell’esegesi storico-critica è andato esaurendosi?

 

Klaus Berger: All’inizio l’utilizzo del metodo storico-critico, a metà degli anni Sessanta dello scorso secolo, fu promettente. Quando apparvero gli studi sull’Antico e il Nuovo Testamento furono salutati con entusiasmo. Noi che allora studiavamo teologia partecipammo alla novità e anche alle sue deformazioni e a una sua decelerazione. L’entusiasmo per l’esegesi si raffreddò parecchio. Recentemente il metodo storico-critico si è di fatto imposto, ma non attira più l’attenzione di ieri.

 

Johanna Rahner: Io appartengo alla generazione successiva. Allora era un problema il fatto che il magistero, a causa di sottigliezze dogmatiche quali l’esistenza di fratelli e sorelle di Gesù, non volesse aprirsi all’interpretazione storico-critica della Bibbia. Si temeva che, ammettendo delle ipotesi, si sarebbe creato un precedente esplosivo in altri campi.

 

Molti hanno l’impressione che si scavi sì in profondità, ma che non sia più visibile una teologia biblica: voi cosa ne pensate?

 

Klaus Berger: La teologia biblica non è mai stata il paradiso. E si sono mischiate le cose. Il metodo storico-critico ha insegnato a considerare ogni scrittore come un soggetto a sé stante. Il problema è che gli esegeti spesso non si sono più impegnati nella storia della redazione, considerata parte essenziale del metodo storico-critico.

 

Johanna Rahner: C’è però un problema: quando si scrive una storia sociale o una storia della cultura del Nuovo Testamento, per inserire i testi in un ambito culturale, ci si allontana dalla prospettiva teologica e si raggiunge un risultato che è uno fra i tanti altri possibili.

 

Klaus Berger: Ho iniziato a interessarmi di testi di storia delle religioni. Per me i testi giudaici ed ellenistici erano il vero commento e il portale d’ingresso alle affermazioni teologiche. Il significato delle tradizioni mistiche giudaiche per l’immagine di Gesù, l’importanza di Paolo e per il Nuovo Testamento in generale fino ad oggi è molto sottostimato. Quindi fin dall’inizio ho legato tra loro Nuovo Testamento e giudaismo. Sono stato accusato di eresia e non ho potuto diventare sacerdote. Tuttora spesso non si considera il rapporto con il metodo storico-religioso.

 

Non si è riusciti ad integrare tali conoscenze nella coscienza di fede. Si dà alle facoltà teologiche il compito di elaborare un’identità credente.

 

Johanna Rahner: È un problema ermeneutico: cosa succede quando tali metodi vengono applicati alla Bibbia? Io personalmente inizio a capire quanto questa sia influenzata dalla cultura del tempo e dalle corrispondenti forme di pensiero. Ciò contraddice l’idea di una verità e di una certezza di fede che rimangono sempre le stesse.

 

Klaus Berger: Né per il Nuovo Testamento né per la storia del dogma si è preparati a cogliere ciò che è altro come altro.

 

Quanto incide qui il problema che alcuni trarrebbero dall’esegesi storico-critica argomenti per un fondamento storico della loro fede?

 

Klaus Berger: Direi piuttosto che si è trovato qui ben poco di storico: questo è il problema! Dal mio punto di vista tutto è condizionato dal tempo, perché è compreso, concepito e ridato da persone concrete, in carne ed ossa. Tutto questo è parte dell’incarnazione di Dio. Per la rivelazione vale lo stesso che per l’incarnazione. Dio parla nelle condizioni degli esseri umani: con il loro linguaggio, con i loro miti e le loro idee. E Gesù è cresciuto come figlio di un artigiano.

 

Quali risultati si possono raggiungere con una conferma storica?

 

Klaus Berger: Bisogna distinguere tra il problema di allora e il modo in cui è recepito oggi da noi moderni. Il compito degli esegeti consiste nel calcolare il sospetto di ideologia. L’esegeta deve scoprire quali sono i desideri. Che cosa è tradizione ecclesiastica e cosa è più frutto dello spirito aristotelico del XIII secolo? Il compito dell’esegeta è di figurarsi il testo come un corpo estraneo per il quale non possediamo chiavi di comprensione. Successivamente viene l’ermeneutica del comprendere.

 

Johanna Rahner: Questo potenziale di critica dell’ideologia è ciò che è decisivo in ogni procedura storico-critica, in esegesi, in storia della chiesa e in ermeneutica dogmatica. È la sfida decisiva dell’esegesi storico-critica.

 

Klaus Berger: Esistono interpretazioni della Bibbia femministe, sociali, psicologiche. Sono come le onde del mare che si susseguono incessanti.

 

L’interpretazione biblica è fatta secondo prospettive diverse. Qual è il metodo giusto?

 

Johanna Rahner: È un dato di fatto che nel repertorio degli esegeti uomini una serie di risultati di esegesi femminista manca. Alcuni testi della Bibbia hanno una forma patriarcale. Questi punti ciechi vanno messi allo scoperto per rendere comprensibile la contestualità.

 

Klaus Berger: Naturalmente ci sono sempre nuove domande che si scoprono dalle risposte ai quesiti del testo. Il mio ultimo volume Matrimonio e regno dei cieli non esisterebbe senza l’esegesi femminista e la ricerca sul genere. Le mie tesi sono state fornite dalle discussioni con mia moglie.

 

Ma per Lei, professoressa, che si occupa di dogmatica che cosa fa sacra la Scrittura?

 

Johanna Rahner: La Bibbia è Scrittura sacra nella misura in cui gli esseri umani credono che essa rispecchia autenticamente l’esperienza che gli esseri umani hanno di Dio.

 

Klaus Berger: Per me l’ispirazione è soprattutto nel fatto che la chiesa ritrova nella Bibbia la propria fede, mossa dallo Spirito Santo. In caso contrario il discorso sull’ispirazione sarebbe senza senso.

 

Come si può rendere più comprensibile questo discorso?

 

Klaus Berger: L’uomo moderno prende come meno vere le storie che non siano d’amore. Nella spiegazione della Bibbia non si va avanti se si fa ermeneutica esistenziale alla Heidegger o alla Bultmann. Bisogna invece partire dall’esperienza dell’amore tra persone: chi ricorre all’esperienza dell’innamoramento può rendere comprensibile quanto è legato alla risurrezione. Rifarsi a un simile ambito sensibile aiuta a parlare del rapporto tra Dio e l’uomo. E per me sono significativi a tale riguardo Marc Chagall o il Cantico dei cantici.

 

Johanna Rahner: Sono le esperienze estetiche che rendono possibili nuove scoperte dei testi biblici. Essi sono scritti da persone umane per altre persone umane, affinché entrino in relazione con Dio. Perciò il livello è del tutto elementare. Le possibilità oggi di inscenare testi biblici è enorme, con la musica, la danza ecc. Ogni epoca di storia della chiesa ha prodotto nuove impostazioni per rendere vivo il testo biblico. Ma “mettere in scena” testi biblici non è tutto; anche la critica dell’ideologia è importante. E comunque il potenziale antropologico che il testo biblico ha in sé non è ancora stato esaurito.



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