25/02/2005
43. A quarant’anni dalla costituzione conciliare “Lumen Gentium” La centralizzazione della Chiesa è uno dei problemi che ancora rimangono del card. Aloísio Lorscheider
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In occasione del 40° anniversario della promulgazione della costituzione conciliare “Lumen Gentium” (21 novembre 1964) si è tenuto un congresso di studio all’università brasiliana di Vale do Rio dos Sinos – Unisinos – i cui interventi sono stati pubblicati sulla rivista IHU (Istituto Humanitas Unisinos) on-line. Riproduciamo l’intervista fatta in questa occasione al card. Aloísio Lorscheider, una delle personalità ecclesiastiche più note e più coraggiose dell’America Latina.


Domanda: Quali sono state le diverse percezioni di Chiesa sentite al Concilio?

Aloísio Lorscheider:
C’è stata una serie di percezioni diverse che, alla fine, è rimasta, più o meno, registrata nella Lumen Gentium. Si incominciò a insistere sul concetto di Chiesa pellegrinante e Chiesa “popolo di Dio”. Io in quel tempo facevo scuola e avevo imparato e insegnato molto di più che la Chiesa era militante e “corpo mistico di Cristo”. Significò un grande cambiamento, un capovolgimento nella nostra vita. Tanto che, quando terminò il Concilio, dissi al mio segretario: “Io non so più che cosa pensare”. Rimasi perplesso rispetto a tutto quello che avevo imparato e insegnato. Il Concilio ha rivoluzionato la Chiesa, ma spiegare questa rivoluzione è molto difficile. A cominciare dalla stessa Messa, passammo dal latino al portoghese, dalle spalle ad essere rivolti verso il popolo. Sembrava tanto strano … Noi siamo stati formati in latino, fino al Concilio si parlava in latino e, improvvisamente, sembrava che tutto ciò non servisse più a niente. D’altra parte, fino allora la Messa era celebrata individualmente. Per me fu difficile abituarmi al nuovo. Quando cominciai a notare che quelle nuove forme facevano partecipare di più la gente, mi adattai ai cambiamenti. Avevamo imparato nel Diritto Pubblico della Chiesa che “la Chiesa è una società perfetta” accanto all’altra società perfetta che è lo Stato: improvvisamente questo non esisteva più: la Chiesa era un lievito nella società. Noi che abbiamo partecipato al Concilio eravamo pre-conciliari, non eravamo solo noi ad agire, agiva anche lo Spirito Santo e abbiamo avuto anche l’aiuto di molti teologi che avevano una visione nuova di Teologia e di cambiamento nella Chiesa e nella società. Noi ascoltavamo tutto questo e votavamo coscientemente, solo che votare era più facile che confrontarsi con tutti quei cambiamenti per portarli nella vita.


Domanda: Che aspetti ha toccato questo cambiamento all’interno della Chiesa?

Aloísio Lorscheider:
Fu un capovolgimento nella Teologia, nella liturgia, nella morale. La nostra morale si basava molto sulla casistica. Ora la casistica non conta molto, ciò che conta è la legge del principio, della morale, fondata nella parola di Dio. Prima c’era sì la parola di Dio, ma si applicava la morale, come casi su casi.


Domanda: Tutto questo cambiamento fu interrotto a un certo punto o è un processo che continua?

Aloísio Lorscheider:
È un processo che continua. Anche se penso che il Papa attuale lo ha frenato molto. Egli è diventato molto conservatore rispetto alla Chiesa, non rispetto allo Stato. La mia impressione è egli dice molto bene di applicare il Concilio, ma non sempre lo applica, perché il nostro Papa non ha avuto molta esperienza pastorale, ha avuto più esperienza di lotta al comunismo, in questo è molto bravo, conosce bene le cose. Ma nell’esperienza pastorale concreta, lui e molti altri della Curia Romana sono deboli. In questo senso, essi non riescono a capire il Concilio, perché il Vaticano II è stato profondamente pastorale, non è stato né dogmatico né giuridico; è chiaro che tocca il dogma, il diritto e la morale, ma fu profondamente pastorale. E questo molti non l’hanno ancora capito. Penso che sia una mancanza che esiste in gran parte della Chiesa: non è stata capita la pastoralità di questo Concilio. In paesi dell’Europa che ho percorso, per esempio, tutto sembra essere rimasto come era prima del Concilio. Non c’è stato il rinnovamento che voleva il Concilio. Qui, in Brasile e, fino a un certo punto, in America Latina, mettiamo in pratica questo cambiamento. Gli episcopati colombiano, venezuelano, argentino, uruguaiano sono tutti episcopati che resistono, mentre negli altri, come il boliviano, l’equatoriano, il cileno e il nostro, abbiamo fatto molti più passi avanti. Ci capiamo molto dei più sul campo pastorale del Concilio. Penso che il paese che fino ad oggi ha messo più in pratica il Concilio è stato il Brasile, senza alcuna vanità. Il Brasile è diventato un paese che emerge per la sua Teologia e pastorale e, per questo, ha saputo comprendere il Concilio. Molti guardano al Brasile con molta speranza. Noi siamo sempre considerati un po’ sospetti perché applichiamo il Concilio.


Domanda: Cosa fa la differenza che ha aiutato o no le Chiese a mettere in pratica il Concilio?

Aloísio Lorscheider:
Detto in poche parole: ci sono episcopati che sono più vicini alla gente e tentano di capire le problematiche che essa vive, e altri che restano di più nel campo dei principi, del “noi pensiamo che deve essere così”. In Brasile, la Campagna della Fraternità è un esempio di questo che dovrebbe essere più studiato. Ogni anno viene affrontato un problema reale, che è ‘nella carne’ della nostra gente. A volte si fa una lettura dell’ortodossia della nostra chiesa, che è molto più ortoprassi. Il grande problema della Teologia della Liberazione è che i teologi della liberazione insistevano sull’ortoprassi e non sull’ortodossia. Questo dava l’impressione a molti di Roma che stavamo allontanandoci dalla verità, ma non è così. Noi mettevamo di fronte la passi cristiana, che cerca di aiutare la gente nei suoi problemi più urgenti. Per tutto ciò, possiamo dire che abbiamo due Costituzioni molto importanti di cui ancora non troviamo la sintesi: la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes. Noi brasiliani siamo molti più della Lumen Gentium che della Gaudium et Spes. La Gaudium et Spes, con molta prudenza, dice che essa è per il proprio tempo. Diversamente dalla Lumen Gentium, i cui principi sono per sempre. Bisogna leggere tutto il Concilio alla luce della Lumen Gentium senza dimenticare la Gaudium et Spes. Ma, penso che ora la Gaudium et Spes dovrebbe essere rivista. Dovrebbero essere convocati i vescovi per fare una revisione della Gaudium et Spes. Lo spirito che le sta dietro è meraviglioso, perché è questo spirito pastorale. La fede deve aiutare a risolvere i problemi della gente. La Gaudium et Spes è stata un grande sforzo di conciliare fede e vita, ma, forse, non vi è riuscita totalmente. Bisognerebbe rivedere i problemi specifici della persona umana oggi, in che cosa non viene rispettata. Oggi non è in gioco il marxismo, bensì l’individualismo, frutto di una dottrina liberale che si diffonde in tutto il pianeta e che valorizza la persona non per quello che è, ma per quello che produce e, quando non produce più, viene scartata. Il problema di fondo sta un po’ nel rapporto tra la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes. Accenno qui solo al problema, senza approfondire. Non troviamo ancora la sintesi tra l’aspetto teologico più dottrinario e l’aspetto più pastorale.


Domanda: Che cosa è rimasto meno chiaro nella formulazione della costituzione Lumen Gentium?

Aloísio Lorscheider:
Il rapporto tra il papa e l’Episcopato, per esempio. Primato di giurisdizione del Papa e dei vescovi, che pure hanno il pieno potere, universale, ma sempre sotto la guida del Papa. Ma cosa significa questo? Ce l’hanno o non ce l’hanno? Non abbiamo molta chiarezza. Anche il diritto delle Conferenze Episcopali. C’è uno sfasamento nello stabilire da dove viene un potere e l’altro. Questo già nel campo della dottrina. Si immagini nel capo pastorale!


Domanda: In pratica, vi sarebbe una centralizzazione nel pontificato?

Aloísio Lorscheider:
Secondo me il Papa attuale lo riconosce. Egli è vissuto in un’epoca in cui, in Polonia, il cardinal Wiszinski era il riferimento e tutti i vescovi della Polonia pensavano come il cardinal Wiszinski, perché se qualcuno pensava diversamente era “rompere lo schema”, e questo non era ben visto. Giovanni Paolo II pensa allo stesso modo. Se noi pensiamo, come lui, stiamo “rompendo lo schema”, per questo egli non lascia liberi i vescovi, le conferenze, non ha il coraggio. Lui dice: “Studiamo insieme, sediamoci con i teologi”, ma questo non accade mai.


Domanda: Come ha sentito questa centralizzazione la Chiesa in Brasile?

Aloísio Lorscheider:
Nella nomina dei vescovi, diamo suggerimenti, ma loro nominano chi vogliono. Noi indichiamo nomi di nostra fiducia, ma sono ignorati.


Domanda: Quali sono i principali cambiamenti che, nella sua visione, sono più urgenti nella Chiesa?

Aloísio Lorscheider:
Dipende dal potere della Chiesa. Finché questo potere non sarà definito nella sua totalità, sarà molto difficile dire quali cambiamenti. Uno degli aspetti molto discussi oggi è quello dei ministeri e anche quello del potere di decisione del laico cristiano: voto consultivo appena, o anche deliberativo. Infine la questione del posto della donna nella Chiesa richiede maggiore chiarezza. Questa eccessiva centralizzazione deve essere superata. Lo stesso papa ha detto a noi: “Io sono polacco, ho la chiesa polacca nella mia carne e nel mio sangue”. E’ vero, ma i consiglieri dovevano aiutarlo in questo aspetto. Il Papa può essere un grande uomo, ma ha questo limite che, a mio parere, danneggia la Chiesa. La centralizzazione esagerata non è mai buona, perché si perde molta ricchezza, ed è un grande impedimento per il dialogo ecumenico. La centralizzazione e l’allontanamento della gente sono le due cose da cambiare più urgentemente.



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Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
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