08/04/2013
248. A QUARANT'ANNI DA “TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE” (1971/1972) di Rosino Gibellini
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Dalla Biblioteca teologica del XX secolo vorrei evidenziare tre opere, che fanno epoca. Innanzitutto L’Epistola ai Romani (1922) di Karl Barth, nata sull’ambone di una parrocchia dell’Argovia svizzera, che riconduce la teologia al suo tema, la Parola di Dio. La seconda opera è un fascio di lettere, uscite dalla cella 92 del carcere della Wehrmacht di Tegel (Berlino) nel 1943-1945, pubblicate postume, e con esitazione, dal suo principale destinatario, l’amico teologo Bethge, nel 1951, nelle quali il prigioniero della Resistenza tedesca al nazismo, Dietrich Bonhoeffer, si interrogava sul futuro del cristianesimo nel tempo della modernità secolare. La terza opera proviene dal Continente di «tutte le stirpi» (Arguedas), con il titolo Teologia della liberazione, e appare a Lima, nel dicembre 1971, a firma di un teologo cattolico peruviano, Gustavo Gutiérrez.

Il primo abbozzo della teologia della liberazione veniva presentato dal teologo peruviano in una conferenza tenuta in un incontro nazionale di laici, religiosi e sacerdoti nella città di Chimbote (Perù) nel luglio 1968, qualche settimana prima della Conferenza episcopale di Medellín (24 agosto – 6 settembre 1968), e pubblicata l’anno seguente con il titolo Hacia una teología de la liberación (1969) [“Verso una teologia della liberazione”], da cui nascerà con ampliamenti e approfondimenti successivi il libro Teologia della liberazione, 1971, che costituisce la prima trattazione sistematica del nuovo progetto teologico.

La teologia della liberazione nasce prima della conferenza episcopale di Medellín e ne ispira alcuni documenti, in particolare il primo sulla Giustizia e il secondo sulla Pace; ma, a sua volta, Medellín, anche se non usa l’espressione tecnica “teologia della liberazione”, ha influito sul processo che ha portato alla elaborazione del nuovo progetto teologico a scala continentale: «Possiamo affermare che l’idea di liberazione e la teologia della liberazione acquistarono statuto ecclesiale nella conferenza di Medellín» (S. Galilea). Per questo si è potuto scrivere che la teologia della liberazione è «lo spirito di Medellín calato in una teologia» (E. Schillebeeckx).

La conferenza di Medellín, che aveva all’ordine del giorno il tema «La chiesa nell’attuale trasformazione dell’America Latina alla luce del concilio», non si è risolta semplicemente in una applicazione del dettato conciliare alla situazione dell’America Latina, ma ha messo in movimento una «recezione creativa del concilio nella prospettiva dei poveri» (L. Boff).

La terza conferenza dell’episcopato latino-americano di Puebla (1979) sul tema: «L’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina», nonostante la lunga e travagliata preparazione, è risultata «una serena affermazione di Medellín» (J. Sobrino). Nel Documento conclusivo si fa una forte ed impegnativa enunciazione: «Affermiamo la necessità di conversione di tutta la chiesa per una opzione preferenziale a favore dei poveri, alfine di raggiungere la loro liberazione integrale» (n. 1134).

La teologia della liberazione nasce «da una indignazione etica di fronte alla povertà e alla emarginazione di grandi masse del nostro Continente» (L. Boff); è una teologia vissuta e scritta «dal rovescio della storia» (G. Gutiérrez). Se Gutiérrez ne La pastoral de la Iglesia en América Latina (1968) – un testo che si situa al di qua della nuova soglia teologica – definiva la teologia come «funzione critica dell’azione pastorale della chiesa», in Teologia della liberazione essa è definita come «riflessione critica della prassi storica alla luce della fede». Questa definizione si precisa ulteriormente: «In questo contesto la teologia sarà una riflessione critica a partire-da (desde) e su (sobre) la prassi storica in confronto con la Parola del Signore accolta e vissuta nella fede».

A partire dal 1975 (1a conferenza di Detroit, USA) la teologia latino-americana della liberazione si è collegata con la teologia nera e con la teologia femminista, che, anch’esse, si autocomprendono come teologie della liberazione; a partire dal 1976 (conferenza di Dar-es-Salaam, Tanzania) la teologia della liberazione ha iniziato un processo di collegamento con le teologie del Terzo Mondo ed è andata confermandosi come «espressione teologica del Terzo Mondo» (E. Dussel).

Il libro in edizione peruviana Teologia della liberazione (1971) appariva in pronta traduzione italiana, firmata da Luisito Bianchi, nella primavera del 1972 (prima dell’edizione spagnola, edita a Madrid nel luglio 1972 in occasione del grande incontro dell’Escorial, che ha rappresentato la presentazione internazionale della nuova opera).

Il libro del 1971 ha conosciuto una nuova edizione nel 1988, «rivista e corretta», presentata nell’edizione italiana (Queriniana 1992) come «Edizione del quinto Centenario dell’America Latina». Due fatti hanno influito sulla nuova edizione: il dibattito sulla teologia della liberazione originato dai due documenti vaticani (Libertatis nuntius, 1984, e Libertatis conscientia, 1986); e la memoria del quinto Centenario della evangelizzazione dell’AL (1992). Le correzioni riguardavano il paragrafo c. del capitolo XII, Fede e conflitto sociale (pp. 314-323), che vengono introdotte con queste parole: «Il paragrafo Fraternità cristiana e lotta di classe ha dato luogo a malintesi che vogliamo dissipare. Abbiamo così rielaborato il testo alla luce di nuovi documenti del Magistero e tenendo conto di altri aspetti della questione» (314, nota*). E ancora nella nuova Introduzione, Guardare lontano: «Inoltre, il paragrafo Fede e conflitto sociale, al cap. XII, è un rifacimento del testo precedente, Fraternità cristiana e lotta di classe» (13, nota 5). L’Introduzione alla nuova edizione, Guardare lontano (9-48) è una puntuale analisi – con riferimento ad altri suoi scritti (anche in edizione italiana) – di circa vent’anni, 1971-1988/1992, che si conclude con queste parole: «Guardare lontano: al di là del nostro piccolo mondo, delle nostre idee e discussioni, dei nostri interessi, di brutti momenti e – perché non dirlo? – delle nostre ragioni e dei nostri legittimi diritti. La chiesa in America Latina richiede di unire le proprie forze e di non sciuparle in discussioni di corto respiro. Potrà così “cogliere l’occasione” di una nuova evangelizzazione da compiere, mantenendosi solidale con tutti, a partire dai più poveri e dai più insignificanti. A tale scopo è necessario riconoscere l’appello rivoltoci dal Signore presente nei segni del tempo, i quali esigono un’interpretazione, ma soprattutto ci chiamano a un impegno con gli altri che ci faccia amici dell’”Amante della vita” (Sap 11,26)» (48).

L’edizione 1988/1992 di Teologia della liberazione è ormai un classico della Biblioteca teologica del XX secolo, ed è stata ristampata in occasione del 40° anniversario (Queriniana 2012). Si è in attesa del nuovo libro di Gustavo Gutiérrez, di cui non è ancora stato anticipato il titolo, ma che verterà sulla “opzione preferenziale per i poveri”, che è la categoria centrale introdotta nel pensiero cristiano dalla teologia della liberazione.





© 2013 by Missione Oggi. Mensile dei missionari Saveriani, Brescia (n. 2 febbraio 2013)
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Gustavo Gutiérrez
TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE
Prospettive
 
Biblioteca di teologia contemporanea 11 
pagine 364
2012, ristampa della quinta edizione 


 

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