04/06/2010
168. La rete del Vangelo. Nuovi studi sulla Missione di Rosino Gibellini
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L’Ottocento, sotto il profilo di storia del cristianesimo, è stato definito il secolo missionario; il Novecento, il secolo ecumenico; e il secolo XXI, in cui siamo da poco entrati, viene prospettato come il secolo di un cristianesimo mondiale, in cui l’asse si sposta dal Nord al Sud del mondo, come documentano le opere dello storico britannico-americano, teorico della «Chiesa globale», Philip Jenkins.

Sono caratterizzazioni che si trovano nelle più recenti storie del cristianesimo e della chiesa cristiana, ma anche negli studi dedicati alla missiologia, una disciplina che presta la sua attenzione alla missione o compito di evangelizzazione della chiesa cristiana nel mondo. È una disciplina, che nasce a fine Ottocento nella facoltà protestante di Halle, in Germania, ma si sviluppa anche in campo cattolico a Münster, e a Lovanio (Belgio), nel primo Novecento. Si potrebbe dire che oggi il centro degli studi missiologici si trova nella Catholic Theological Union di Chicago (USA), dove operano i missiologi Robert Schreiter, Stephen Bevans e Roger Schroeder, noti a livello internazionale. Robert Schreiter ha pubblicato una sintesi della sua visione in The New Catholicity (1997), e di lui si può trovare un denso saggio nell’opera in collaborazione Prospettive teologiche per il XXI secolo (Queriniana 2003, 20062). Ora arriva in traduzione italiana la vasta opera di Bevans/Schroeder, Constants in Context. A Theology of Mission for Today (2004) con il titolo Teologia per la missione oggi. Costanti nel contesto (Queriniana 2010), che si può considerare per impianto storico-teoretico e per la vasta bibliografia utilizzata una summa della scienza missiologica contemporanea.

Il libro svolge una documentatissima storia della missione cristiana, individuando i modelli di missione all’opera del periodo considerato. Il primo periodo parte dall’anno 100 d.C. e arriva all’editto di Milano del 313 d.C. Qui il modello missionario è qualificato come Inside Out, «da Dentro a Fuori». La missione non è promossa dal papa di Roma, né da un sinodo particolare, ma dalle singole comunità cristiane, plasmate «dentro» dalla parola del Signore e dalla celebrazione dell’eucaristia, per farsi missionarie «fuori» nel mondo. È il modello che, almeno teoricamente, è stato ripreso dalla ecclesiologia del Concilio Vaticano II.

Il secondo periodo parte dall’editto di Milano e arriva fino all’anno Mille, dove l’agente della missione è il movimento monastico: ogni monastero è centro di spiritualità, di cultura, e promotore della missione, che viene definita come monastic mission. Qui avviene il grande passaggio dal paganesimo al cristianesimo: «La chiesa occidentale non soppiantò il paganesimo, ma lo assimilò» (229). Il passaggio dal paganesimo al cristianesimo è diventato un tema di attualità, lanciato dalle discussioni sul film Agorà, ma anche in vista delle prossime celebrazioni del 2013 del 700° anniversario dell’editto di Milano.

Il terzo periodo comprende l’alto medioevo, e si svolge dal Mille alla caduta di Bisanzio nel 1453. È il periodo in cui si costituisce la teologia nelle università e gli agenti della missione sono il movimento degli Ordini mendicanti, con particolare rilievo dei francescani e dei domenicani, che praticano la predicazione della parola di Dio. È il periodo che conosce anche lo scisma dell’Ortodossia, e, in seguito, la Riforma protestante, che lacerano l’unità della chiesa cristiana.

Il quarto periodo si svolge dalla conquista dell’America Latina (1492) fino alla rivoluzione francese (1789) e il capitolo corrispondente nel libro ha come titolo «Conquistatori e missionari», che si muovono nel mondo nell’età delle scoperte geografiche con logiche diverse. Basti rimandare qui alla storia dell’America Latina, rievocata anche da libri pubblicati in occasione del 5° centenario dell’America Latina nel 1992; basterà ricordare la grande opera di Gustavo Gutiérrez, Alla ricerca dei poveri di Gesù Cristo. Il pensiero di Bartolomé de las Casas (1995). L’opera dei due missiologi di Chicago non è solo una storia della missione cristiana ricostruita secondo nuovi criteri metodologici, ma è anche una presentazione contestualizzata dei grandi missionari, che hanno operato per l’evangelizzazione del mondo.

Il quinto periodo corrisponde alla missione «nell’età del progresso», o della ideologia del progresso teorizzata dall’Illuminismo, e trova svolgimento nell’Ottocento, che è stato definito «il Gran Secolo della missione». La missione è favorita dal colonialismo con le sue «tre C»: commercio, civilizzazione e cristianesimo. La promozione del commercio è anche in collegamento con la coscienza della civiltà europea occidentale da esportare nel mondo, che si concretizza con la civiltà cristiana. In questo senso il movimento missionario è anche debitore dell’Illuminismo, che ha elaborato il concetto di civiltà occidentale. Il missiologo sudafricano David Bosch aveva già affermato nel suo libro La trasformazione della missione (1991): «L’intera impresa missionaria moderna è, in misura considerevole, figlia dell’Illuminismo» (332). Agenti della missione in questo quinto periodo non sono solo le congregazioni missionarie cattoliche, ma anche il movimento missionario protestante promosso dai grandi «Risvegli», che ebbero luogo nelle colonie nordamericane: «Alla fine del XIX secolo, venivano ormai inviati più missionari dagli USA che da qualunque altra nazione, soprattutto fra i congregazionalisti, i presbiteriani e i battisti» (337).

L’ultimo periodo è il Novecento, a partire dal 1914: «Con alcune eccezioni, come il Tibet, l’Afghanistan, il Nepal e le regioni interne della Papua Nuova Guinea, nel 1914 i missionari cristiani avevano messo piede quasi in ogni parte del mondo, e nella maggior parte dei luoghi era sopravvissuta nella loro scia almeno una piccola comunità di battezzati» (366). Il lavoro riprenderà dopo la seconda guerra mondiale e si parlerà di missione in sei continenti, (Europa, Nordamerica, America Latina e Caraibi, Africa, Asia, Pacifico), che registra l’emergenza di un «cristianesimo mondiale», così da costituire, con una efficace immagine, «la rete del Vangelo». Tutte le comunità cristiane sono all’opera nella missione: dalla chiesa cattolica alle chiese della Riforma protestante e dell’Ortodossia, con particolare menzione dei movimenti missionari che esplicano oggi una grande dinamicità: gli Evangelicali e i Pentecostali. Il libro introduce con larghezza di visione e con ricchezza di documentazione nel dinamismo della missione cristiana del mondo nella sua storia e nella situazione contemporanea.

Nei quattro capitoli conclusivi si passa dalla ricostruzione storica dei modelli di missione alle prospettive, che vengono delineate con i termini di «dialogo profetico», esprimibile in tre punti: 1) La chiesa cristiana è missionaria, perché Dio – con l’invio del Figlio e dello Spirito Santo – è missionario. La missione della chiesa è radicata nella missio Dei (espressione di Karl Barth risalente al 1932); 2) La missione va oltre il concetto di «salus animarum», e di «plantatio Ecclesiae», e si autocomprende più ampiamente come «servizio liberatore del Regno di Dio»: qui intervengono le proposte che vanno sotto il nome di «inculturazione» nel tempo del multiculturalismo, di «liberazione» nel divario tra Nord e Sud del mondo, e di «riconciliazione» nel contesto della globalizzazione. 3) La missione, oltre alla fondazione trinitaria, e l’orientamento al Regno, deve mantenere evidenziata la connotazione cristologica nel tempo del pluralismo religioso, di «annuncio di Gesù Cristo salvatore universale». Sono le «costanti» da mantenere nella pluralità del «contesto» linguistico, antropologico, culturale e sociale. br>


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