«Il libro è diviso in due parti, la prima delle quali costituisce, sostanzialmente, un’ampia introduzione, in forma di autobiografia teologica: Kasper ripercorre il proprio itinerario, sottolineando le influenze decisive, mostrando l’evoluzione del suo pensiero e anche mettendo, perché no, qualche puntino sulle i, per quanto riguarda qualche rapporto con colleghi discussi, come Hans Küng. Sono pagine molto interessanti non solo per meglio comprendere il pensiero kasperiano, ma anche come fonte per tracciare la storia della recente teologia cattolico-romana. La trattazione ecclesiologica vera e propria è svolta nella seconda parte, e articolata in sette capitoli, ampi e assai densi.
Una tale ampiezza non permette nemmeno l’evocazione dei temi fondamentali, per tacere della loro discussione. Mi limito quindi a evidenziare tre elementi di fondo, che percorrono l’intera opera. Anzitutto, il libro unisce un elevato livello di riflessione sistematica e una utilissima completezza manualistica. La possibilità di Kasper, derivata dalla sua biografia, di unire le competenze del teologo accademico e dell’alto dirigente ecclesiastico, gli permette ricchezza informativa, profondità dogmatica, ampiezza di visuale. Il volume costituisce per tali ragioni un punto di riferimento molto importante per comprendere l’impostazione oggi dominante dell’ecclesiologia cattolica. [...] In secondo luogo, si fa apprezzare la volontà di unire la trattazione dogmatica all’attenzione per la dimensione pastorale e organizzativa. Le difficoltà del cristianesimo europeo, anche cattolico, non sono taciute, i fattori di crisi sono chiamati per nome, la passione per l’impegno missionario della chiesa in un mondo secolarizzato è chiaramente avvertibile. [...] Il terzo elemento, per nulla sorprendente per chi conosca il pensiero e l’azione di Kasper, consiste nella sintesi tra un’indubbia passione ecumenica e la presentazione di una linea che, per quanto riguarda il dialogo con le chiese evangeliche, non lascia intravedere aperture significative.
Poiché il volume presenta, dichiaratamente, un’ecclesiologia cattolica, è chiaro che, da un punto di vista evangelico, si potrebbero fare osservazioni su ogni punto, cruciale o anche meno. Preferisco menzionare un’osservazione critica che l’Autore rivolge alle chiese evangeliche. Nel contesto, già menzionato, della discussione sul celibato, egli nega che la questione sia l’unica causa della carenza di sacerdoti in Europa e nel mondo ricco (perché, altrove, tale numero è in crescita), quindi si domanda: le chiese protestanti, che hanno una diversa disciplina e non presentano carenza di pastori, "stanno veramente meglio dal punto di vista [...] della testimonianza dell’evangelo?" (p. 378). Non è una domanda simpatica, ma nemmeno sciocca».
F. Ferrario, in
Protestantesimo 67/2 (2012) 182-184